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Sempre più attivisti usano i videogiochi come luogo di protesta
Negli ultimi anni si sta assistendo a un fenomeno a prima vista curioso: di fronte a eventi che provocano forti proteste, tanti giovani affiancano alle normali manifestazioni che si tengono per le strade delle città quelle tra le vie digitali dei videogiochi. Era successo per la prima volta dopo le elezioni presidenziali statunitensi del 2016, quando migliaia di minorenni avevano riversato la loro indignazione su Club Penguin. Poi di nuovo nel 2020 – più comprensibilmente, considerate le forti restrizioni dovute alla pandemia – quando i manifestanti di Black Lives Matter riempivano le strade, gli utenti di Toontown, Habbo e Roblox organizzavano proteste parallele nei loro videogiochi preferiti, spiega Dazed. Secondo la testata starebbe succedendo di nuovo, anche in questo caso il “luogo” di ritrovo virtuale è Roblox, dove in questi giorni si starebbero ritrovando moltissimi utenti, muniti di bandiere palestinesi e pronti a ripetere gli stessi slogan che si ascoltano nelle strade reali.
Il professore Kei Nishiyama della Kaichi International University spiega la rilevanza sociologica di questo fenomeno in forte crescita: l’elemento più affascinante è vedere che così tanti giovani, anche minorenni, stanno decostruendo temporaneamente la funzione ricreativa della piattaforma e ne stanno costruendo invece una di partecipazione politica. Nishiyama spiega che per tanti adolescenti – più della metà degli utenti di Roblox ha meno di 16 anni – la partecipazione a proteste in prima persona è spesso off-limits, a causa dei genitori, della censura o per limiti di accessibilità. The New Arab ha riportato che alcune delle proteste su Roblox hanno raggiunto 120 mila partecipanti, dei numeri straordinari. Katie Salen Tekinbaş, professoressa alla University of California, ha fatto notare che le sovrapposizioni tra interessi reali e virtuali dei giovani sono sempre più evidenti, come dimostrano anche le diverse forme di attivismo sul tema del cambiamento climatico. Il gioco è sempre stato parte della vita reale, dichiara, è sempre stato un modo per crescere e imparare e i giovani non stanno facendo altro che sperimentare con i giochi che si sono trovati in mano. A chi si chiede se però iniziare il proprio percorso nell’attivismo in questa modalità possa dare vita a una generazione di proteste solo virtuali, la professoressa di cambiamenti sociali Jacquelien van Stekelenburg risponde che finora non è stato così e che, anzi, la presenza dei giovani alle proteste è in forte crescita.