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In Ucraina ci sono problemi con il divieto di vendere alcolici

23 Marzo 2022

Pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa, le amministrazioni locali ucraine hanno cominciato a vietare la vendita di tutte le bevande alcoliche. A essere precisi, il divieto è una conseguenza dell’imposizione della legge marziale decisa dal governo nazionale, alle autorità locali spetta il compito di adottare le misure necessarie affinché il divieto sia implementato e rispettato, i trasgressori individuati e puniti. All’inizio di marzo, in praticamente tutte le grandi città d’Ucraina era diventato impossibile bere alcol: «Festeggeremo dopo la vittoria», annunciava l’1 marzo il sindaco di Leopoli Andriy Sadovyi. Dopo quasi un mese di guerra, però, in Ucraina cominciano a esserci lamentele, la voce degli scontenti si fa sempre più forte.

Nella città del sindaco Sadovyi, secondo quanto riporta il Kyiv Independent, i negozianti non ne possono più di clienti che entrano per chiedere se possono comprare una bottiglia di questo o di quel liquore forte. Un malcontento di cui in alcune città si è già preso nota: dal 16 di marzo, in diverse regioni ucraine si è deciso che la birra si poteva vendere. Il 19 di marzo Maxim Kozitsky, governatore dell’Oblast (provincia) di Leopoli, ha annunciato che tra le 10 e le 21 sarebbe stata consentita la vendita di tutte le bevande alcoliche. I cittadini del capoluogo erano già pronti a godersi questo breve intervallo di rilassatezza concesso dalle autorità, quando hanno sentito un altro annuncio, questa volta fatto dal sindaco: «La posizione di Leopoli non cambia. Vendere alcolici è vietato», ha detto Sadovyi. Inamovibile, il sindaco, nonostante in queste settimane sempre più persone abbiano ribadito l’insensatezza del divieto. Tra queste persone c’è anche il giurista e presidente della commissione parlamentare che si occupa di tasse, Danylo Hetmantsev: «Non vorrei sconvolgere i sostenitori del divieto, ma la vodka viene venduta comunque, di nascosto. Proibendo la compravendita non la si impedisce, si priva soltanto lo Stato di soldi di cui ha bisogno, quelli che vengono dalla tassazione sui beni di consumo».

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