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Come si porta al successo un libro dimenticato

05 Aprile 2016

Stoner è stato, in America ma anche in Italia, uno dei più eclatanti casi letterari degli ultimi anni. Pubblicato per la prima volta nel 1965, è stato ristampato dalla New York Review of Books, la prestigiosa rivista americana che ha anche una collana di classici. In un’intervista apparsa su Tencent Weibo, un servizio di microblogging cinese, poi tradotta e rilanciata da LitHub, l’editor della collana, Edwin Frank ha raccontato come è nata la riscoperta di un libro che era stato sostanzialmente dimenticato.

«Un vecchio collega che lavorava per la rivista, girando per le librerie della città, capitò in un negozio dell’Upper East Side, Crawford Doyle. John Doyle, il proprietario gli disse che aveva questo libro bellissimo intitolato Stoner, che era in catalogo ma quasi introvabile (era stampato dalla University of Arkansas; dopo aver lasciato la Denver University, John Williams si era trasferito Arkansas, e la casa editrice della nuova università aveva ristampato tutti i suoi libri.) E John Doyle disse: sono certo che se avessi regolarmente copie di questo libro, le venderei tutte perché è semplicemente meraviglioso. Diede il libro, insieme a Butcher’s Crossing e Augustus, al mio collega Mike Johnson, e Mike le portò a casa e le divorò. Dopo di che Mike venne da me e mi raccontò la storia. Disse: sono fantastici, devi leggerli, ma devi aspettare che mia moglie li finisca».

Dice ancora Frank quando l’intervistatore gli chiede se si aspettavano un simile successo: «John Doyle aveva ragione: se riesci a mettere questo libro nelle mani della gente e fai sì che lo leggano, lascia per forza il segno. Molte persone lo amano. Altri lo criticano, non apprezzano la passività di Stoner, o la rappresentazione crudele che fa della moglie. In ogni caso però fa parlare di sé. La cosa più difficile era convincere a leggere un romanzo su un medievalista degli anni ’50  la cui moglie era un completo fallimento. Non ero sicuro che ci saremmo riusciti, ma non avevo dubbi sul fatto che fosse un bel libro e che avremmo dovuto pubblicarlo. È andato bene sin dall’inizio, ma le cose sono decisamente cambiate quando il grande  critico Morris Dickstein scrisse un pezzo sul New York Times affermando che Stoner era qualcosa di più raro di un grande libro: era un libro perfetto. Dopo la recensione, le vendite hanno incominciato ad aumentare sensibilmente. Dopo ancora, c’è stato il successo all’estero che ha fatto crescere ancora di più le vendite in America».

Frank ha anche un teoria che spiega il fallimento iniziale: era un tipo di libro non appropriato alla sua epoca; nella metà degli anni ’60, l’interesse della comunità letteraria era concentrato su romanzi che tentavano di ridisegnare le forme della narrativa – la meta-fiction – e sul new journalism e «Stoner non aveva niente a che fare con le questioni formali e reali che le persone consideravano importanti in quel momento».

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