Il “Sonetto 116”, pubblicato per la prima volta nel 1609, è uno dei più famosi sonetti scritti da William Shakespeare, una poesia che celebra il valore della devozione. «Amore non è soggetto al Tempo», recita il verso-simbolo della poesia, che in Inghilterra e negli Stati Uniti è spesso usata dai novelli sposi durante la cerimonia del matrimonio, per dichiararsi amore e fedeltà eterni. Secondo quanto riporta il New York Times, però, in passato il “Sonetto 116” ha avuto un altro significato. Leah Veronese, ricercatrice presso l’Università di Oxford, infatti, ne ha scoperta una versione leggermente modificata e scritta a mano (al momento non è chiaro se si tratti di una reinterpretazione scritta da Shakespeare stesso o di una libera reinterpretazione di un ammiratore).
In questa versione del “Sonetto 116” cambiano i versi iniziali e quelli finali e vengono aggiunti sette nuovi rispetto a quella originale. Come spiega Amelia Nierenberg sempre sul New York Times, in questa versione la poesia resta una celebrazione della devozione ma assume un senso politico invece che sentimentale. Le modifiche potrebbero essere la conseguenza di un fatto storico che sconvolse il Regno Unito in quegli anni: la guerra civile tra i lealisti che appoggiavano la corona e i parlamentaristi che invece si opponevano alla monarchia, un conflitto che finì con la “sospensione” della monarchia e l’istituzione, dal 1649 al 1660, di un governo repubblicano presieduto da Oliver Cromwell. A sostegno di questa tesi c’è il fatto che Veronese ha trovato questo manoscritto tra le carte di Elias Ashmole, lealista nato nel 1617, un anno dopo la morte di Shakespeare.
I primi tre versi della versione originale del “Sonetto 116” recitano: «Let me not to the marriage of true minds / admit impediments; love is not love / Which alters when it alteration finds». Nella versione modificata, invece, la poesia inizia così: Self blinding error seize all those minds / Who with false appellations call that love / Which alters when it alterations finds». Il riferimento politico è abbastanza evidente e, per come andavano le cose in quel decennio repubblicano, una poesia del genere avrebbe messo in guai gravi il suo autore (considerato il fatto che il regime aveva introdotto il divieto della pubblica esecuzione di canzoni e poesie). Ragione per la quale di questa reinterpretazione del “Sonetto 116” non abbiamo mai saputo niente fino a ora.