Per capire davvero W.G. Sebald bisogna leggerne le poesie

In Sulla terra e sull’acqua, la raccolta appena uscita per Adelphi, si ritrovano tutti i temi e i luoghi delle sue opere narrative. Con delle differenze, piccole e sostanziali, che cambiano il modo di leggere lo scrittore tedesco.

24 Aprile 2025

Verso la fine di Gli anelli di Saturno, appena dopo aver paragonato una sezione trasversale del proprio cervello al labirinto di tasso di Somerleyton, lo stanco e trasognante narratore entra a casa del suo amico Michael Hamburger, un uomo di lettere tedesco trapiantato in Inghilterra, esattamente come Sebald. Alla descrizione della sua casa nel Norfolk sono dedicate delle pagine particolarmente intense (chi descrive gli interni o le facciate dei palazzi meglio Sebald?), così come al rapporto dell’ospite con la poesia di Hölderlin, di cui è traduttore. Si affaccia, in questo incontro, nel dialogo tra i due uomini, un tema che forse per pudicizia non troviamo mai nei libri di Sebald: un ragionamento sullo scrivere e più in generale sul lavoro letterario. I dubbi e l’ombra di una generale vacuità sopravanzano le certezze.

Sulla terra e sull’acqua

Michael Hamburger potrebbe essere una delle chiavi di accesso al lavoro poetico di Sebald, di cui è stato tra l’altro il traduttore in lingua inglese. O almeno, il sodalizio con lui, una delle testimonianze dell’interesse del maggiore scrittore europeo della sua generazione per la poesia. Adelphi, che aveva già edito nel 2009 un lungo poemetto sebaldiano, Secondo natura, pubblica quest’anno la restante produzione poetica di Sebald, finora inedita in italiano, nella traduzione di Ada Vigliani. Il libro, Sulla terra e sull’acqua, che comprende testi che vanno dalla giovinezza sino all’anno della tragica morte dello scrittore (tra l’altro anticipata da questi versi degli anni ’90: «Sulla via del ritorno fantasie / di un incidente mortale»), tiene fuori soltanto il libro d’artista Unerzählt, composto dalle litografie del pittore Jan Peter Tripp e da brevi epigrammi dello stesso Sebald.

Proprio Tripp, a cui è dedicato un memorabile ritratto in Soggiorno in una casa di campagna, appare in queste poesie insieme ad altri personaggi (o fantasmi di personaggi) che abbiamo già incontrato nel campo quantistico della letteratura sebaldiana. Come nei titoli di coda di Inland Empire, in Sulla terra e sull’acqua troviamo riunite infatti molte delle figure conosciute nelle memorabili prose di Sebald: Kafka e il giudice Schreber (l’autore di Memorie di un malato di nervi che tanto interessò Freud e Calasso), il dottor Tulp e il diplomatico Samuel Pepys con la sua cronaca dell’incendio di Londra del 1666, Marie de Verneuil e Goethe, la costa dell’East Anglia.

Taccuini sebaldiani

Quest’aria di famiglia è confermata anche dalla lettura dei titoli delle poesie presenti nella raccolta: “Ricordo di un viaggio da Bruxelles”; “Nell’estate del 1836”; “New Jersey Journey”; “Villeggiatura analitica”; “Attraverso l’Olanda nel buio”; “Spaventoso effetto sui miei nervi del vento che soffia nella Val d’Inferno”. Tutti i temi e i luoghi della narrativa di Sebald compaiono qui, come se i testi fossero dei taccuini, degli esercizi, degli appunti scritti durante continui viaggi e destinati a subire una successiva elaborazione: ritroviamo la predilezione per gli alberghi, i treni, le stazioni termali, le fotografie, il paesaggio del Suffolk e quello urbano dell’Europa continentale e – soprattutto – la ricorsività tra passato e presente, la sottigliezza della membrana del tempo, la capacità onnicomprensiva e narrativamente strutturante della memoria.

In Italia Michael Hamburger ha avuto un periodo di relativa notorietà grazie alla pubblicazione di uno dei primi studi comparati di poesia, La verità della poesia (la prima edizione è del ’69, la traduzione italiana dell’87). Scritto in anni dove i dogmatismi interpretativi erano asfittici, il libro ha il pregio di essere conversativo e discorsivo, antispecialistico e – cosa che i critici letterari dimenticano spesso – piacevole da leggere.

Tuttavia le idee di Hamburger risentono molto dell’epoca in cui il suo studio è stato scritto, dando alla poesia ancora un valore alto e sacrale, lasciando intendere – fin dal titolo – che sia un’esperienza privilegiata e profonda, rivelatoria, sia per il poeta che la scrive che per il lettore. Questa concezione è per la nostra sensibilità inaccettabile, o perlomeno vista come ingenua. E del resto la stessa poesia di Sebald non ha alcuna ambizione di avere l’ultima parola, è piuttosto un laboratorio, una traccia del pensiero e del suo farsi, l’officina dove il pittore lavora sulla sinopia che in un futuro potrebbe diventare un affresco, o un affresco mancato, un progetto abbandonato. Ha qualcosa di provvisorio e di localizzato, di instabile, che è proprio quello che chiediamo alla poesia oggi (o forse, che certi lettori hanno chiesto alla poesia sempre): di non parlarci di sentimenti, di non dirci la verità, ma di proporci un enigma cognitivo.

L’immenso motivo di interesse di questa raccolta è perciò – anche grazie alle preziose note di Ada Vigliani, un vero e proprio libro nel libro – applicare a esse una lettura intertestuale, reticolare, fatta di echi e rimandi tra le poesie di Sebald e le sue opere narrative. Qui possiamo infatti vedere in piccolo, come in una riproduzione ridotta o in una planimetria, tanti meccanismi attivi nella sua produzione maggiore. Sulla terra e sull’acqua è un circuito di anticipazioni e ripetizioni, in cui brani e spunti che ritroveremo negli Anelli di Saturno o in Vertigini si presentano anche vent’anni prima della stesura dei rispettivi romanzi, per ritornare poi più tardi, nelle poesie degli ultimi anni, in un loop che produce una singolare corrispondenza tra letteratura e vita.

Prendiamo la bellissima “Due anni or sono”, dove è ripercorsa la vicenda, poi finita di Austerlitz, di Marie de Vinteuil a Marienbad (quale luogo sebaldiano!). Non capiamo chi parla, se Sebald o la donna, o Sebald e la donna, e alcuni dettagli (il motociclista col fucile visto dallo specchietto retrovisore) assumono significato solo se interpretati a partire dalla lettura del brano presente in Austerlitz. Ma il resoconto è interrotto da altre correlazioni, è un vaso comunicante dove si affacciano letteratura (i diari di Kafka), cinema (L’anno scorso a Marienbad di Resnais) e con ogni probabilità ricordi personali.

Il capostipite dei romanzieri poeti

Uno degli aspetti centrali di tutta la produzione di Sebald è ciò che sembra una simultaneità tra passato e presente, manifestata nella sua tecnica compositiva che permette di zigzagare da un argomento all’altro. A proposito della scrittura di Sebald si potrebbe parlare di un “effetto palinsesto”, di una prosa multistrato che cerca di riprodurre i movimenti di una mente nell’atto di pensare, di un pensiero che si muove (a volte bruscamente, il più delle volte impercettibilmente) da una cosa all’altra, in una foresta di indizi, in cerca di un segreto irrisolto, in base a legami che hanno una logica ferrea, per quanto – apparentemente – inconscia, sonnambolica, dominata da una specie di inerzia.

Nelle poesie invece il cambio improvviso di visione o di argomento è più diretto. Saltano totalmente i nessi e in poche manciate di versi convivono più lingue e più tempi, un fruttivendolo di Bruxelles divide lo spazio con un personaggio di un romanzo di von Kleist, o con un pittore naturalista morto, senza alcuna spiegazione logica. Waterloo è nello stesso tempo il luogo della battaglia persa da Napoleone e la fermata di un autobus turistico (saremmo indotti a pensare che la pensilina sia stata costruita mentre i soldati non avevano ancora smesso di combattere). Il lettore guarda dal finestrino passare una fantasmagoria sebaldiana senza potersi fissare su un singolo punto e, sorpresa, il suo sguardo è ricambiato, perché è a questi spettri che è concessa l’ultima replica («Arduo da comprendere/ è infatti il paesaggio,/ quando tu sul Direttissimo/ da un capo all’altro sfrecci,/ mentre quello muto/ guarda il tuo andar sparendo»).

Se abbiamo detto che Sulla terra e sull’acqua testimonia una progressione dalla poesia al romanzo (i componimenti lirici come degli atti preparatori, la prima tappa di un’elaborazione di qualcosa di più complesso), si potrebbe fare un discorso inverso su quanto la poesia abbia influenzato la narrativa di Sebald. Una delle strategie tipiche di Sebald, ovvero questa continua sovrapposizione di tempi a partire da un solo spazio, o di spazi da un medesimo tempo è un procedimento tipico di molta poesia moderna, dal XVIII secolo al XXI, dai Sepolcri di Foscolo (e quindi dal suo grande modello, Thomas Gray, che di certo Sebald conosceva) a un testo paradigmatico in tal senso come Fissione di Jorie Graham: è il modo proprio che usa la poesia per raccontare, cioè per salti e transizioni. Strano a dirsi, ma anche la poesia narra.

Il romanzo documentale, di cui Sebald è il massimo esponente e che ha lasciato tracce in grandi autori contemporanei come Lerner, Cole, Fernández-Mallo, Laing e Labatut, fa proprio questo gioco, questo ritmo cortocircuitato di riprese e variazioni, questa coesistenza di fittizio e fattuale, presente e passato, un procedere per correlazioni e corrispondenze, proprio dalla poesia. Si è a lungo parlato, a proposito di questi e altri scrittori, di un’ibridazione tra romanzo e saggio. Molto poco dei rapporti tra romanzo e poesia. E non mi sembra un caso che alcuni di loro (Fernández-Mallo, Lerner) siano anche notevoli poeti. Sebald è il loro capostipite, e Sulla terra e sull’acqua il primo capitolo di un legame tutto da ripensare nella storia del romanzo contemporaneo, oltre che un libro piacevolissimo da leggere anche autonomamente. «Sono giunto da molto lontano/ e credo di esser morto».

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