Cultura | Pop

Sabrina Carpenter non l’abbiamo vista arrivare

Mentre eravamo tutti impegnati a fare l'esegesi dei testi di Taylor Swift o ad aspettare il nuovo album di Rihanna, il pop americano aveva già scelto la sua prossima regina.

di Lorenzo Peroni

Mentre i Millennial geriatrici aspettano con impazienza il ritorno di Katy Perry e Lady Gaga, entrambe a un punto di svolta cruciale per le loro carriere, da destra e da sinistra si stanno facendo strada nuove future icone della musica pop-camp. C’è Chappell Roan che, dopo anni di gavetta, con “Good Luck Babe” sta vendendo l’alba di una rinfrancante popolarità che raccoglie le eredità sfilacciate di Gwen Stefani, Cyndi Lauper, Joan Jett, Toyah e della stessa Gaga: l’energia caotica sembra quella. C’è Charlie XCX, che pur senza hit sta vivendo un momento di grande fortuna critica (Brat è già stato accolto come il miglior album pop dell’anno e il suo duetto con Lorde ha fatto agitare all’inverosimile il Gay Twitter). E poi c’è Sabrina Carpenter, reginetta color pastello dell’estate Usa, ammiccante come Britney Spears e Christina Aguilera ai tempi d’oro, forse anche di più.

Non l’avete vista arrivare, ma ora, benedetta dagli streaming, Sabrina Carpenter si sta imponendo come volto nuovo e fresco e molto truccato del pop girlish. Look da lolita in tutte le gradazioni del rosa, Sabrina – con i capelli biondi da Brigitte Bardot e le labbra carnose grondanti di lipgloss – sembra un personaggio scappato da un episodio di Pretty Little Liars o da un romanzo di Bret Easton Ellis («a kind of slutty teen boy fantasy»), nei suoi video si diverte a giocare con gli uomini, ridotti a oggetti, pedine, vittime, muovendosi provocante tra chiese, bare dalle tinte confetto, piscine e decappottabili. Le parole d’ordine del suo selfbrand sono empowerment femminile.

All’inizio è attrice, ex volto della compagine Disney Channel, ha un ruolo tutto suo come spalla nel telefilm Girl Meet World, sequel della serie cult Boy Meet World (vi ricordate di Cory e Topanga?). Seguono poi film per la tv come Adventures in Babysitting (remake del piccolo cult anni ‘80 Tutto in quella notte). Nel frattempo si dedica anche alla musica, dove, va detto, le cose non vanno malissimo (soprattutto grazie alle visualizzazioni su YouTube, negli anni in cui i teenager ascoltano così la musica), ma nemmeno poi così bene, radio e classifiche la ignorano. Con l’album Singular: Act II il discorso musicale inizia a farsi più interessante, il sound si fa più sensuale e languido, i testi perfino interessanti: il singolo “In My Bed”, che parla di ansia e pensieri ossessivi, finisce addirittura nella classifica di fine anno delle canzoni più ascoltate del sottoscritto). Le cose iniziano però a girare bene con l’album successivo, Emails I Can’t Send, che riempie il vuoto musicale lasciato in quei mesi da Ariana Grande e Selena Gomez (accipicchia, direte voi), impegnate su altri fronti (rispettivamente le riprese di Wicked e Only Murders in the Building).

Il singolo “Nonsense” gira bene su TikTok e si fa strada nella Billboard Hot 100, durante le esibizioni live si diverte a cambiare ogni volta l’outro (per Live Lounge della Bbc canta “I’m American I am not British / So Bbc it stands for something different / This live lounge is just so lit because I’m in it” – fate da soli i compiti a casa). Il singolo successivo, “Feather”, ingrana anche meglio (benedetta anche da un bel videoclip sacrilego e dal testo in cui canta di un calcio in culo a un amore tossico: “I feel so much lighter like a feather with you off my mind (Ah) / Floatin’ through the memories like whatever, you’re a waste of time”; versione voluttosa di “Happier Than Ever” di Billie Eilish). Ecco allora il salto di qualità, Sabrina viene chiamata per aprire i concerti di Taylor Swift (nientemeno) e come testimonial di Skims per Kim Kardashian. Data l’antica faida di sangue ancora in essere tra Taylor e Kim, Sabrina si affretta a precisare che la prima sapeva tutto – e ha dato silenzio assenso – alla collaborazione con la seconda.

Con il terreno così ben sapientemente seminato e annaffiato, il boom arriva con “Espresso”, slow jam fresco del testo maliziosetto prodotto da Julian Bunetta – storica firma degli One Direction – che sovrasta “Love On”, singolo di Selena Gomez praticamente uguale uscito solo un paio di mesi prima. Nella canzone Sabrina Carpenter è la voce di un’apparizione onirica e provocante che impedisce al povero malcapitato di prendere sonno, costretto a muoversi su e giù, a destra e a sinistra, “Switch it up like Nintendo”, pur di trovare pace, è la regina Loana che con la sua fiamma agita il desiderio e le mutande degli adolescenti. Momenti tristi, momenti felici, ansie e turbamenti, a Sabrina piace scrivere di gente che passa il tempo a letto. Il successo è supportato da un’intensa attività promozionale crossmediale, tra adv sui profili Twitter che contano (PopCrave) e live nei contesti più cool come il Saturday Night Live e il Coachella.

Segue così a stretto giro un nuovo singolo, che si spinge ancora più in là in classifica, fino alla cima della Billboard Hot 100 songs chart: “Please, Please, Please” vede la produzione di Jack Antonoff (produttore alle spalle di Lana del Rey e Taylor Swift) e il video prosegue la costruzione del brand girlish empowerment super vixen exploitation, però in compagnia del suo fidanzato, Barry Keoghan, attore irlandese sulla cresta dell’onda: la reginetta del ballo e l’outsider, una delle favole preferite dal pubblico. Il brano, forse proprio per colpa di Antonoff, sembra scippato a una Taylor Swift che cerca di imitare Olivia Newton John, il che non è detto che sia un difetto, e subito schizza ai piani alti delle chart. Entrambe le canzoni sono scritte da Sabrina (che ci mette del suo, con un personale sense of humor sexy e giocoso) con Amy Allen, una che ha scritto anche per Harry Styles, Tate McRae, Justin Bieber, Halsey, Shawn Mendes, Selena Gomez, Camila Cabello… Lei si materializza in effetti come un frullato di tutte queste voci, in una confezione coquette con look che strizzano l’occhio all’estetica Y2K. Di suo ci mette sfacciataggine – “Jesus Was a Carpenter“, si legge su una delle sue T-shirt brandizzate – condita con un tocco di umorismo sporcaccione: la diocesi di Brooklyn ha tolto a Monsignor Gigantiello la sua parrocchia newyorchese per aver permesso a Carpenter di girare il salacissimo video di “Feather” nella Annunciation of the Blessed Virgin Mary Church.

Mentre si appresta a pubblicare il suo nuovo album, Short n’ Sweet (il sesto), e a imbarcarsi in un tour tutto suo, Sabrina Carpenter sta in prima fila alle sfilate di Louis Vuitton con Mahmood e Central Cee (che la fa giocare anche con la sua Nintendo DS, in un video diventato virale), a quelle di LOEWE con Omar Apollo, viene vestita da Donatella Versace e diventa modella d’occasione per Jacquemus durante Vogue World. Insomma, ha fatto il suo ingresso ufficiale negli ambienti più cool del momento. Il suo successo avrà l’intensità palpitante e passeggera del primo amore estivo al sapore di Malibu Sunrise o sopravviverà al sopraggiungere dell’inverno? La mia teoria preferita ovviamente è quella di Azealia Banks (che tutto sa e tutto prevede, la Cassandra dello star system contemporaneo) che vede in Sabrina Carpenter la prescelta che l’industria sta preparando in vista dell’imminente distruzione di Taylor Swift, troppo potente, troppo ricca e ancora a piede libero.