Intervista a Carlos Moreno, l'urbanista franco-colombiano che ha teorizzato il concetto di Human Smart City e la necessità di creare quartieri in cui tutto sia a portata di mano.
Cosa si dice di Rumore bianco di Noah Baumbach
Ieri a Venezia c’è stata la la prima mondiale di Rumore bianco, il film tratto dal romanzo omonimo di Don DeLillo, diretto da Noah Baumbach e con protagonisti Adam Driver e Greta Gerwig. Secondo quanto riporta Variety, alla fine della prima la reazione del pubblico è stata piuttosto fredda: soltanto 150 secondi di standing ovation, che nella grammatica del Festival di Venezia significano la risposta cortese che si deve ai film che certo non sono brutti (e quindi i fischi non se li meritano) ma di sicuro non giustificano entusiasmi maggiori.
Sempre su Variety, il critico Owen Gleiberman ha scritto una recensione anch’essa piuttosto tiepida del film, di cui comunque ha apprezzato la fedeltà al testo originale e l’ambizione. «È quel tipo di film audace, radicale che i registi di talento fanno quando vivono un momento di successo e acquisiscono consapevolezza del potere che esercitano nel loro campo e decidono di passare alla fase successiva del loro percorso artistico». David Rooney di The Hollywood Reporter ha scritto che se da un lato Rumore bianco conferma il talento estetico di Baumbach, dall’altro conferma anche una sua maggiore affinità per storie più character driven rispetto a quella assurda e surreale scritta da DeLillo. Su Vanity Fair, Richard Lawson ha scritto che la reazione fredda che Rumore bianco ha suscitato nel pubblico della Mostra del cinema è dovuta alla freddezza con cui il film traspone i temi del romanzo: «Paura della morte, atomizzazione della società all’alba dell’età dell’informazione, i temi del libro sono tutti esposti chiaramente, ma oltre questa esposizione si vede poca passione. È un film rispettoso e rispettabile, anche troppo».
La recensione più entusiastica (finora non sono moltissime, a dire la verità) del film, invece, l’ha scritta Peter Bradshaw sul Guardian: «Il film non si limita a esaltare la ricchezza del libro e a rendere giustizia a un’opera che ha raccontato l’apice del postmodernismo negli ambienti intellettuali americani, ma riesce a sottolineare anche quanto esso sia riuscito ad anticipare le paure del presente».