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È uscito Death of an Author, il primo romanzo scritto da una AI
Sono passati appena tre mesi da quando ci chiedevamo se ChatGPT avrebbe rubato il lavoro a scrittori e sceneggiatori. Anche ai più pessimisti, la prospettiva di un romanzo o di una sceneggiatura interamente scritta da un’intelligenza artificiale sembrava ancora lontanissima: sicuramente succederà, ma ce ne vorrà di tempo prima che le macchine riescano a spacciarsi per autrici. Siccome non si è mai abbastanza pessimisti, tre mesi dopo la pubblicazione di quell’articolo qui su Rivista Studio, sul New York Times è uscita la prima recensione di un romanzo breve scritto interamente dall’AI. Con la sottile ironia che caratterizza sempre l’apocalisse imminente, il romanzo si intitola Death of an Author, è un giallo ed è il risultato del lavoro di tre diversi software – ChatGPT, Sudowrite e Cohere – e dei prompt inseriti dal giornalista e scrittore Stephen Marche. La firma in copertina è uno pseudonimo, Aidan Marchine, gioco di parole che mette assieme i nomi dei quattro “autori” del libro.
Marche ha detto di aver dato soltanto un piccolo contributo e che il 95 per cento delle parole contenute in Death of an Author sono state scritte dalle AI. La storia racconta di Peggy Firmin, personaggio vagamente ispirato a Margaret Atwood. Firmin è una scrittrice molto famosa in Canada che ha deciso di collaborare a un progetto di sviluppo di una AI assieme a un misterioso miliardario che, per qualche ragione, Aidarn Machine ci tiene a far sapere essere un ex di Meghan Markle. Il miliardario si chiama Neil Gibson, che, come scrive Dwight Garner nella sua recensione, potrebbe essere un omaggio a Neal Stephenson e William Gibson. A un certo punto Firmin viene uccisa, freddata a colpi di pistola su un ponte deserto: non ci sono testimoni, il mondo letterario canadese è sconvolto dalla morte dell’autrice. Al funerale si presentano tutti ed è qui che il mistero comincia: a leggere l’elegia funebre è la stessa Firmin, nella forma di un avatar generato dall’intelligenza artificiale. Ascoltando le sue ultime parole, i presenti al funerale cominciano a chiedersi: è possibile che l’assassino sia tra di loro, lì presente?
Alla fine del libro, a mistero risolto, Marche scrive una breve postfazione in cui spiega la natura dell’operazione Death of an Author: dimostrare che in letteratura le intelligenze artificiali saranno strumenti identici a quelli che nell’hip hop si usano per campionare. Gli autori più bravi saranno quelli con il miglior gusto e con le maggiori conoscenze: saranno loro a produrre le opere migliori, con l’aiuto delle AI, dando vita a nuova forma d’arte e di creatività. Per il momento, però, il traguardo di un bel romanzo scritto dall’intelligenza artificiale sembra ancora lontanissimo (l’aggettivo scelto da Garner per descrivere Death of an Author è «senz’anima»). Ma bisogna anche ammettere che questa è la stessa cosa che pensavamo del primo romanzo firmato da una AI. Non ci sarebbe da stupirsi se tra tre mesi arrivasse la notizia della prima macchina vincitrice di un premio letterario.