Attualità | Coronavirus

Chi segue le regole di Natale?

Viaggi, cene e lockdown, tra chi è contento di non dover rivedere i parenti e chi viola la legge per tornare.

di Arnaldo Greco

Italia, 19 dicembre 2020 (Photo by FILIPPO MONTEFORTE/AFP via Getty Images)

Durante il primo giorno di zona gialla in Lombardia ho incontrato, per caso, un’amica campana. Abbiamo percorso un pezzo di strada assieme e, ancora per caso, siamo passati davanti a un baraccio che trasmetteva una partita. Dentro, sei o sette persone sedute, tutte senza mascherina festeggiavano un gol. A quel punto lei mi ha espresso, nella sua versione, una delle opinioni più interessanti che si sentono in giro: molte persone rispettano le regole, ma, in fondo, pensano siano poco più che un arbitrio del potere. Così, appena il bar viene riaperto, lo riaffollano senza preoccuparsi. Se ci pensi, una delle regole più insensate di questi mesi, la mascherina dalle 18 in poi, era pensata per loro, mica per te. E per cinque minuti mi è sembrata davvero precisa come descrizione, almeno fino a quando non mi ha detto che sarebbe tornata in Campania per le feste, adeguandosi precisamente al comportamento che criticava.

Ovviamente, era il risentimento di chi aveva rinunciato a scendere a farmi pensare così. Come c’era il risentimento verso il jogger, verso chi portava a spasso il cane, verso chi era scappato col treno di notte a “casa” appena prima del lockdown, verso chi era andato a sciare e ancora adesso verso chi va a fare le compere di Natale e, tra un paio di giorni, verso chi, nonostante tutto, affollerà comunque le stazioni, gli autogrill o quel che il teleobiettivo di turno ci riuscirà a mostrare. Un confuso sentimento che tiene assieme il disprezzo per la mancanza di controllo, ma pure l’invidia per chi vive senza voler sapere e almeno riesce ancora a godersi qualcosa.

Non ci sono solo quelli che scendono per le feste. L’idea di riunirsi alla famiglia almeno per qualche giorno, è stato effettivamente un tarlo di molti, e da molto. Trattato come un’ossessione dei giornali e criticato come sinonimo di mancanza di rispetto: come se tenere assieme il dispiacere per i morti e il pensiero per i vivi fosse diventato impossibile. (La riduzione di ogni concetto a binario è sempre più frequente. Altro esempio: è vero che il governo poteva non incentivare il cashback, ma è altrettanto vero che ci si potrebbe non ammassare. Invece, pare, che le due cose non possano più tenersi assieme contemporaneamente e una escluda necessariamente l’altra).

Il pensiero di ricongiungersi ha messo in moto una quantità di storie enorme. Sono residente in Lombardia, ma la mia carta d’identità non è aggiornata; la badante di mio nonno va in vacanza e io, in caso di controllo, sosterrò di viaggiare per sostituirla; io sono domiciliato, ma mia moglie è residente nella seconda casa fuori regione. Tentativi di aggirare le regole che, però, cambiavano continuamente (ho una foto del titolo di giornale “Salva la Befana” per dire che le restrizioni sarebbero terminate il 5), prove di forza e moti di spavalderia – possono mica fermarmi in autostrada – corse ai tamponi antigenici, ma anche riflessioni serie e sensate. Può sembrare stupido, ma per molti le feste di Natale erano già l’orizzonte con cui davano un senso alle privazioni di questi mesi. Ognuno avrà le sue. Ci sarà chi si dà forza sperando di poter bere con gli amici di nuovo al chiuso, chi spera di poter fare presto il weekend a Praga sul Ryanair delle 6.30 del mattino e pure qualcuno che credeva di potersi sedere in dieci a tavola.

Ma la cosa più curiosa è che tutte queste persone avevano già deciso cosa fare prima del 19 dicembre, data in cui il Governo ha reso note le regole definitive (?) per le feste. Tant’è vero che, a quella data, i treni erano già ampiamente esauriti da giorni, gli studenti sapevano che avrebbero saltati gli ultimi due giorni di scuola, i lavoratori avevano già anticipato le ferie o si erano già organizzati per lo smartworking, perfino le pasticcerie non prendevano più prenotazioni per i dolci. La stragrande maggioranza delle persone, insomma, sapeva già dove avrebbe cenato, e in quanti. Senza le deroghe per i due non conviventi o le zone arancioni nei feriali. Mi pare una cosa su cui si è sorvolato con troppa disinvoltura. Ma l’imposizione di nuove regole più che imporre realmente quei comportamenti serviva a trasmettere un vago senso di morigeratezza. Tanto neanche un controllo costringerà nessuno a un’inversione a U o vi rimetterà sul treno. Però, non esagerate. Questa cosa non si poteva dire chiaramente o in altro modo? Forse dopo dieci mesi di pandemia dobbiamo rassegnarci che è così: questo mix di regolamenti bizantini e paternalismo è l’unica ricetta che riusciamo a immaginare.

Ci perderemo le foto delle grandi abbuffate, i commenti sul cugino razzista che parla ancora dei migranti pagati 35 euro al giorno, sulla zia che ci ha triggerati chiedendoci se abbiamo trovato il posto fisso o una moglie con cui figliare, e sullo zio complottista (è l’unico momento dell’anno, dopotutto, in cui incontriamo davvero qualcuno che non la pensa come noi e, infatti, veniamo sui social sperando nell’accondiscendenza di chi la pensa come noi). Forse ci perderemo anche la pagina di Gramsci sul Capodanno – ci spero moltissimo. Mentre non ci perderemo le battutine di chi detesta il Natale o il Capodanno e sembra sia stato costretto a festeggiarlo gli anni scorsi. Né il meme di Riccardo Garrone, anche questo Natale…, mai azzeccato come quest’anno.