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La storia degli afroamericani raccontata attraverso le pubblicità degli anni ’50 e ’60

08 Luglio 2020

Vi ricordate la bellissima mostra curata da Theaster Gates per l’Osservatorio della Fondazione Prada, che raccontava la storia delle riviste Jet e Ebony e della Johnson Publishing di Chicago, dagli anni Cinquanta fin dentro la Casa Bianca di Obama, e di come contribuirono in maniera determinante a rivendicare la bellezza del corpo nero e a plasmare l’immaginario della blackness in un intreccio di estetica, business e lotta politica? Si chiamava The Black Image Corporation. Per decenni, queste pubblicazioni rivoluzionarie sono state l’unico posto in cui gli afroamericani benestanti sono riusciti a trovare storie sulla loro comunità.

Tra le pagine di quelle riviste, c’erano anche le pubblicità. Si trattava però di immagini che spesso si limitavano a riproporre l’immaginario dell’America bianca ai consumatori afroamericani, semplicemente cambiando i soggetti delle immagini, sostituendo i bianchi coi neri. Sorrisi, saturazione al massimo, pose sexy con sfumature sessiste e capitalismo spensierato: gli ingredienti delle pubblicità degli anni ’50 e ’60 sono sempre gli stessi. Messy Nessy Chic ne ha raccolte un bel po’ e ha ricordato le parole del grande W. Leonard Evans Jr., fondatore di Tuesday magazine e presidente del National Negro Network, il primo network radio black-oriented e black-owned del Paese. Rivolgendosi a un responsabile marketing bianco durante una riunione in Madison Avenue, disse: «Noi [neri] non abbiamo un grande desiderio di diventare bianchi. In effetti, tendiamo ad avere più orgoglio che mai nell’essere neri. L’integrazione non significa l’eliminazione della cultura dei neri».

Un concetto che a quanto pare non ha attecchito, visto che le pubblicità raccolte da Messy Nessy Chic sembrano l’esatta trasposizione in versione black di quelle pensate per un pubblico di consumatori bianchi. «Un universo parallelo di pubblicità si nascondeva all’ombra della società tradizionale, prendendo di mira una classe media e alta afroamericana che era, ed è tuttora, raramente vista dai consumatori bianchi. Le pubblicità dipingono un quadro della vita del tutto sconosciuto ai neri americani all’epoca. È una gioia (ri)scoprire questo mondo alternativo dei media neri, ma a un esame più attento, le crepe iniziano a rivelarsi sotto quelle immagini lisce, vibranti e sane di vita americana – crepe che oggi sono solo diventate ancora più ampie e più visibili».

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