Di Pino Daniele c’è ancora molto da scoprire

Arriva oggi nelle sale Pino, racconto della vita, delle opere, della famiglia e della leggenda di Pino Daniele. Ne abbiamo parlato con il regista, Francesco Lettieri.

31 Marzo 2025

Pino. E basta, senza nient’altro intorno o vicino. Il titolo del film dedicato a Pino Daniele nell’anno del suo settantesimo compleanno rivela un’essenzialità che ne è anche un testamento poetico. Pino, come lo chiamavano tutte le persone che l’hanno amato e i fan che lo adoravano e pensavano di conoscerlo davvero. Il documentario – prodotto da Groenlandia, Lucky Red e Tartare Film, al cinema nelle tre date evento di lunedì 31 marzo, martedì 1 aprile e mercoledì 2 aprile – racconta la vicenda umana e artistica di Pino Daniele dalla sua nascita e ci accompagna durante una carriera irregolare, spesso laterale e sorprendente, ma sempre popolarissima.

Un filmino di famiglia

La ricerca di un inedito condotta dal giornalista Federico Vacalebre, il lavoro del figlio Alessandro, il materiale d’archivio rivelato a mano a mano come un tesoro e i compagni di palco di Pino, invecchiati affascinanti come le rockstar, l’aura di Massimo Troisi e di Maradona. Tutto immerso dentro Napoli, lontana dagli stereotipi ma spugna in grado di trattenere tutto il buono possibile. Senza celebrazioni, senza trionfalisimi e passerelle ma con la lenta masticata di un filmino di famiglia. Francesco Lettieri arriva dai video di Liberato – riduttivo chiamarli così – e dalla direzione di Ultras e Lovely Boy, con addosso una poetica chiara ma ancora sorprendente. L’occhio ingenuo perché incontaminato, la tenerezza per maneggiare una storia così privata e non solo pubblica, una visione che quando deve sparire lo fa senza narcisismo e quando invece deve sentirsi arriva potente.

Le scelte più importanti che indirizzano sono due, e paiono apparentemente in antitesi. La prima è quella di non far mai vedere le immagini delle tante celebrità intervista per aver incrociato i passi di Pino. «Molti documentari sono diventati dei salotti televisivi fatti solo da una serie di interviste – racconta Lettieri – e si cercano i nomi da esibire in vetrina più che testimonianze che abbiano un peso e un senso all’interno della storia. Noi abbiamo voluto solo persone che potessero raccontarci qualcosa di profondo condiviso con Pino, un’esperienza di vita vera e non una passerella. Fatta questa scelta importante e ovviamente difficile dal punto di vista commerciale, abbiamo deciso di tenerne solo le voci, accompagnandole con l’archivio».

Jovanotti, Fiorello, Lello Arena, Loredana Bertè, Fiorella Mannoia, Vasco Rossi e tanti altri nomi enormi della musica internazionale diventano in Pino un’onirica voce fuori campo accompagnati da una grafica minimale. Come a sottolineare per sottrazione l’importanza del racconto e le centralità del protagonista che rimane sempre uno e solo uno. È una direzione coraggiosa che riporta alla mente i documentari di Asif Kapadia – da Senna a Diego Maradona passando per Amy – e che Lettieri cita subito come riferimento. «Ho rivisto i suoi documentari, il lavoro di grande attenzione alla ricchezza dell’archivio, la ricerca raffinata e ragionata. È stato uno dei miei riferimenti, non posso nasconderlo».

I nuovi video di Pino Daniele

La seconda scelta che svolta il documentario invece è la presenza al suo interno di alcuni videoclip inediti delle canzoni di Pino Daniele, inediti perché Lettieri li ha girati appositamente, vestendo le note e le parole di vecchie canzoni con le immagini della Napoli di oggi. Una presenza registica importante, una scommessa vinta senza alcuna sfumatura di dubbio. «Quando ho iniziato a lavorare facendo i videoclip – si apre Lettieri – ho scelto di collaborare solo con artisti molto vicini a me dal punto di vista artistico ed emotivo. Liberato, Calcutta e pochi altri, ma ho sempre avuto il rimpianto di essere nato nell’epoca sbagliata. Avrei voluto tanto poter lavorare con Pino e provare a tradurre in immagini le sue canzoni. Quando mi hanno chiesto di salire a bordo di questo documentario, l’occasione era perfetta anche dal punto di vista del racconto. Ho messo le note e le parole di Daniele sulla Napoli di oggi e facendolo ho avuto la conferma di una legge sempre valida: Napoli è una città che vive nel presente, nel passato e nel futuro contemporaneamente».

Tra i videoclip “nuovi” ci sono “Cammina Cammina” che curiosamente è anche il nome del canale YouTube di Lettieri dove sono caricati i primi lavori in tempi non sospetti, “Quanno chiove” e “Napule è” in una interpretazione post sorrentiniana e ancora nuova ma sempre strappalacrime, nel senso più positivo del termine. C’è soprattutto “Chillu è nu buono guaglione”, una canzone dirompente, che contiene la strofa «scende e va a faticà’ / ma che peccato ca è nu poco ricchione / ha cominciato col vestito della sorella / pe pazzià’/ e vo’ essere na signora/ crede ancora all’amore / sogna la vita coniugale / ma per strada poi sta male / perché si girano a guardare”.

«I primi provini di questa canzone – rivela Lettieri – con già il testo così come lo conosciamo sono stati ritrovati in delle cassette del 1975 e questo ci fa capire quanto Pino fosse un’avanguardia. Ho iniziato ad ascoltarlo all’inizio degli anni 2000 e ricordo nitidamente che non potevo credere che avesse scritto una canzone con un testo così, già in quegli anni». Con i suoi video, Lettieri ha creato un Pino Daniele nuovo ma completamente fedele a sé stesso e le immagini che ha scelto, la narrazione che ha imboccato non stridono mai né con il contesto che ha intorno né con quello che Daniele rappresenta e può rappresentare ancora oggi.

Sempre d’avanguardia

L’archivio privato della famiglia è stato uno scrigno segreto aperto appositamente per realizzare questo lavoro. Dalle scene iniziali con i figli piccoli e tenerissimi a una sequenza epica nel vero senso della parola con Pino che ridanciano chiama un fantomatico servizio in camera. Quanta verità nel racconto dei rapporti con Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile, Tony Esposito, il loro concerto a Piazza Plebiscito, quanta sincerità nelle parole e nella mimica di James Senese. A proposito, il personaggio secondario che rende questo documentario speciale è proprio lui, un maestro che ha la virtù condivisa con Maradona di venire bene in ogni foto, sempre bellissimo.

Quanta malinconia nelle loro parole, quanta nostalgia nella voce della prima moglie Dorina e del cognato che dopo la morte ammette l’arrivo di una mancanza assassina per qualcuno che ormai era diventato un estraneo. A entrare dentro i ricordi sembra quasi di violare un segreto. «La famiglia di Pino ci ha dato questa grande opportunità – approfondisce Lettieri – e noi ne siamo stati felicissimi. Un regista vive per questo e abbiamo cercato sempre di tenerci lontani dai gossip e dalle polemiche. Perché penso siano questioni che non avrebbero aggiunto niente, non avrebbero arricchito un ritratto che voleva essere onesto e vero».

C’è una scena verso le battute finali che contiene molto dell’essenza del documentario, della carriera di Pino e del suo modo di vivere ogni rapporto. A poche ore dalla morte di Troisi, Daniele si presenta sul palco davanti a uno stadio pieno e pronuncia una frase che è difficile scrollarsi di dosso, anche molto tempo dopo averla sentita. «Sono passato da casa di Massimo e mi hanno detto che lui era già qui». Come una visione, come una previsione, ancora d’avanguardia.

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