Aveva 25 anni, era un'artista, fotogiornalista e attivista. Nello stesso bombardamento è stata uccisa anche tutta la sua famiglia.
Perché Putin si ritira dalla Siria

Lunedì Vladimir Putin ha annunciato che avvierà in tempi rapidi un ritiro parziale delle truppe russe dalla Siria, dove sono impegnate in una complessa guerra civile al fianco del regime di Bashar al-Assad (le altre forze in campo sono i ribelli, i curdi, l’Isis, Iran, Turchia, Arabia saudita e una coalizione internazionale anti-Isis: qui si spiega chi sta combattendo contro chi). L’annuncio del Cremlino è arrivato mentre a Ginevra stava iniziando un nuovo round di colloqui di pace per porre fine alla guerra civile.
Perché Putin si ritira dalla Siria? Perché proprio adesso? È importante? Sulle testate internazionali sono apparse molte analisi. Quella di Max Fisher, ex commentatore di esteri per il Washington Post, su Vox si distingue però per chiarezza e profondità. Potete leggerla in inglese qui, noi vi proponiamo un breve riassunto punto per punto.
Here are Syrian battle lines before the Russian campaign, and today. Don’t know if this is “mission accomplished.” pic.twitter.com/Z7jZ5txT0H
— DavidKenner (@DavidKenner) March 14, 2016
Perché la Russia si sta ritirando, dunque? Perché ha ottenuto quello che vuole: un Assad in grado di controllare una fetta di territorio sostenibile, e dunque di negoziare da una posizione di forza. Putin, certo, vuole mantenere al potere Assad, suo ultimo alleato in Medio oriente (in apparenza la Russia è alleata anche dell’Iran, ma in realtà le due potenze sono rivali). Ma si rende anche conto che è impossibile vincere la guerra civile siriana, che è in uno stato di sostanziale stallo da anni. Il vero obiettivo dunque non è la vittoria di Assad ma una situazione in cui il regime siriano sia in grado di resistere e tenere le posizioni. Questo permette ad Assad di negoziare da una posizione di forza, e consolida lo status della Russia come negoziatore “forte”. Nonostante la propaganda del Cremlino stia cercando di vendere la guerra siriana come “vinta”, il suo vero obiettivo era semplicemente non perderla. E quell’obiettivo è stato pienamente raggiunto.
Watching Russian TV coverage of Putin’s withdrawal order, you’d think the war in Syria is over, all that’s left is to dot the ‘i’s in Geneva — Noah Sneider (@NoahSneider) March 14, 2016
Sul perché il ritiro sia stato annunciato adesso, Max Fisher concorda con la stragrande maggioranza degli analisti: banalmente, l’inizio dei negoziati a Ginevra rappresenta un buon momento. Sulle implicazioni del ritiro, però, fa un’analisi interessante. Ritirandosi adesso, Putin sta mandando un messaggio al suo “protetto” Assad (che peraltro pare sia stato informato quasi all’ultimo): gli sta dicendo che la Russia sta dalla sua parte ma non è disposta a dissanguarsi per lui.
Lo status quo va bene al Cremlino, mentre Assad e l’Iran puntano (probabilmente illudendosi) alla vittoria. «La Russia ha un ascendente limitato sul regime Assad, che si è dimostrato imprudente e che ha incrementato i combattimenti anche quando non c’era una necessità strategica», scrive Fisher. «Se Mosca davvero vuole congelare lo status quo in Siria, deve convincere Assad a negoziare sul serio». Il modo più efficace per incentivarlo è ritirare le truppe.