
All’indomani dalla strage del Charlie Hebdo, il settimanale satirico francese preso d’assalto da due terroristi islamici che hanno ucciso 12 persone, molti giornali, siti web e testate varie in tutto il mondo hanno deciso di pubblicare alcune sue vignette, sia in segno di solidarietà ai giornalisti uccisi sia in difesa della libertà di satira e di informazione. Il New York Times tuttavia ha deciso di non farlo, nonostante molti altri media americani abbiano optato per pubblicare le vignette, e tra essi Washington Post, il sito della Cnn, BuzzFeed e l’Huffington Post.
Alcuni lettori hanno contattato il quotidiano newyorchese per esprimere il loro dissenso davanti a questa scelta, giudicata pusillanime o pilatesca. Di conseguenza Margaret Sullivan, la public editor del giornale – ossia la giornalista incaricata di vigilare sugli standard etici e professionali della testata e di rappresentare gli interessi dei lettori – ha indagato sulla faccenda e scritto una column a proposito.
Sullivan ha chiesto spiegazioni al direttore Dean Baquet, che ha raccontato di avere riflettuto mezza giornata sulla questione e di avere cambiato idea a proposito ben due volte, finendo per decidere di non pubblicare le vignette «per non offendere la sensibilità dei lettori», specialmente quelli musulmani: «Abbiamo degli standard da mantenere», ha detto Baquet. «Esiste un confine tra insulto gratuito e satira. La maggior parte di quelle [vignette] erano insulti gratuiti»
Dal canto suo la public editor conclude difendendo la scelta del direttore, sollevando però una questione sulla sostenibilità futura di tale linea: «Senza dubbio il Times ha preso una decisione attenta e considerata nel mantenere i propri standard. Tuttavia dati gli eventi, e data una storia come questa che continua a svilupparsi, potrebbe essere necessaria una rivisitazioni di tali standard nei giorni a venire».