Per la prima volta dal 2002 c’è parità tra euro e dollaro, e non è un buon segno per l’economia mondiale
Nelle ultime settimane gli analisti dei mercati finanziari avevano discusso molto dell’avvicinamento dell’euro al dollaro: la moneta unica europea, dall’inizio dell’anno, ha perso quasi il 12 per cento del suo valore e il pareggio con quella americana sembrava ormai inevitabile: la Cnn ne parlava già ieri, quando la differenza tra le due valute era ormai di un centesimo appena. Il deprezzamento dell’euro è dovuto a tutto quello che è successo in Europa dall’inizio dell’anno a oggi. Ovviamente c’entra la guerra in Ucraina, con le conseguenze che l’invasione russa ha avuto anche e soprattutto sul settore energetico. Il 40 per cento del gas consumato in Europa passava attraverso condotti russi, e la guerra ha costretto l’Unione a rivedere velocemente e radicalmente la sua politica energetica. Di questa crisi è diventato simbolo il condotto Nord Stream, fondamentale nell’economia del Paese più ricco e più potente del continente: la Germania. In risposta alle sanzioni e all’isolamento della comunità internazionale, la Russia ha diminuito la sua fornitura di gas alla Germania del 60 per cento, il Nord Stream in questo momento è chiuso per lavori di manutenzione ma diversi esponenti del governo tedesco hanno ammesso che esiste anche la possibilità che l’infrastruttura non venga più riaperta.
La guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno sia causato che aggravato il rallentamento generale dell’economia europea, rallentamento che gli addetti ai lavori non sono ancora sicuri la Banca Centrale riuscirà a interrompere. La spirale inflazionistica di queste settimane (mesi, ormai) ha costretto la Bce ad alzare i tassi di interesse per la prima volta dal 2011, unico strumento possibile per provare a contenere un aumento dei prezzi che ha già toccato la percentuale dell’8,6 per cento. Secondo molti addetti ai lavori, però, la Banca centrale ormai è già in ritardo. Se si considera, come è prassi, l’economia tedesca come indicatore dello stato di salute dell’economia del continente, la situazione è grave e all’orizzonte non si vedono miglioramenti: nella scorsa settimana la Germania ha registrato il primo deficit commerciale dal 1991, mentre nel Paese i prezzi del carburante sono altissimi e ci sono seri problemi nella supply chain. Nel mondo, diverse banche centrali hanno già attuato aggressive politiche monetarie, alzando molto i tassi di interesse nel tentativo di rallentare la crescita dell’inflazione. Tra queste c’è la Fed americana, che ha già aumentato i suoi tassi d’interesse di 75 punti base e fatto sapere che gli innalzamenti proseguiranno nei mesi a venire. Queste decisioni hanno portato diversi investitori nel mondo a scegliere il dollaro come “oasi” monetaria. Una situazione che, se le economie europee e americane dovessero entrare in recessione, potrebbe aggravarsi ulteriormente.