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In Corea del Sud ci sono sempre più no-kids zone
La Corea del Sud è il Paese con il più basso tasso di natalità del mondo. E, stando a quanto riporta la Cnn, ai sudcoreani sta benissimo così. A dimostrazione di questa soddisfazione c’è il sempre crescente numero di “no-kids zone” presenti nel Paese, luoghi – in particolare ristoranti e bar, ma non solo – in cui l’accesso ai bambini è vietato. Nella sola isola di Jeju, località turistica tra le più frequentate e apprezzate del Paese, ce ne sarebbero circa ottanta. In tutta la Corea del Sud, secondo le stime più recenti, le no-kids zone sono attualmente più di quattrocento. E aumentano, nonostante gli sforzi in cui il governo ormai da decenni si produce per invertire la tendenza al ribasso della natalità sudcoreana.
La diffusione delle no-kids zone non si ferma neanche davanti alle decisioni delle massime istituzioni politiche. Nel 2017, infatti, la commissione nazionale sui diritti umani aveva stabilito che queste zone violano il diritto all’uguaglianza, invitando tutte le attività commerciali kid free a darsi una regolata. «Nessun bambino dovrebbe essere discriminato per nessuna ragione», si leggeva nella relazione redatta dalla commissione, relazione in cui si citavano l’articolo 11 della Costituzione coreana e anche diverse convenzioni delle Nazioni Unite. Un richiamo all’ordine che non è servito a granché, considerato il fatto che le no-kids zone, dal 2017 a oggi, sono aumentate.
L’origine delle no-kids zone non è certa. Secondo la versione più accettata, tutto è cominciato nel 2012, dopo che un video di un incidente avvenuto in un ristorante di Seoul era diventato virale online e aveva scatenato un dibattito nazionale. Nel video si vedeva un bambino correre tra i tavoli del ristorante e, a un certo punto, scontrarsi con un cameriere che, perso l’equilibrio, per sbaglio gli rovesciava del brodo bollente addosso. Nei due anni successivi all’incidente, le no-kids zone sono diventate un’abitudine per i sudcoreani.