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Si può spiegare lo stile di Monet con la crescita dell’inquinamento della sua epoca?
«È come se fosse tutto morto, non c’è un treno, non c’è fumo, non c’è una barca, non c’è nulla che porti un briciolo d’ispirazione», scriveva Claude Monet a sua moglie nel marzo del 1901. L’artista si lamentava del cattivo tempo di Londra, la città che tra il 1899 e il 1901 fu meta di tre suoi viaggi alla ricerca d’ispirazione, tre viaggi durante i quali Monet realizzò oltre cento dipinti. Di recente, un gruppo di studiosi guidati da Anna Lea Albright della Sorbona e da Peter Huybers di Harvard ha deciso di concentrarsi su quel riferimento al fumo fatto da Monet in quella lettera a sua moglie. Lo scopo della ricerca di Albright e Huybers era rispondere a una domanda che nella comunità dei climatologi ci si pone da tempo: è possibile che lo stile dell’artista – quella patina nebbiosa, quel fumo onirico che caratterizza molte delle sue opere, in particolare i quadri in cui dipinge panorami cittadini – sia una conseguenza della crescita dell’inquinamento verificatasi in quegli di Rivoluzione industriale?
A giudicare dalla ricerca di Albright e Huybers, la risposta a questa domanda è sì. «Le sagome si fanno più nebbiose, la palette cromatica si schiarisce e lo stile passa da figurativo a impressionistico. Sono cambiamenti coerenti con il modo in cui l’inquinamento atmosferico influenza la nostra percezione della luce», ha spiegato Albright. Per giungere alle loro conclusioni, i due ricercatori hanno esaminato più di cento opere di Monet e del pittore inglese Joseph Mallord William Turner, attivo prima dell’artista francese: paragonando le opere dei due, hanno cercato di provare una correlazione tra l’aumento dell’inquinamento e i cambiamenti nello stile pittorico. La scelta è ricaduta su Monet e Turner, hanno spiegato Albright e Huybers, perché i due artisti hanno dipinto moltissimi paesaggi naturalistici e cittadini, riprendendo spesso gli stessi temi, e hanno lavorato molto l’uno a Londra (Monet) e l’altro a Parigi, città che hanno vissuto le loro fasi di industrializzazione in momenti storici diversi.
Dai risultati della ricerca verrebbe la conferma che lo stile di Monet fu influenzato dall’inquinamento atmosferico, in particolare dall’aumento nell’aria della presenza di anidride solforosa, un agente inquinante derivato dalla lavorazione del carbone che provoca piogge acide e problemi respiratori. Tra il 1796 e il 1901, infatti, la Gran Bretagna estrasse immense quantità di carbone per supportare lo sviluppo industriale di quegli anni: secondo quanto riporta Cnn, le estrazioni britanniche passarono da 2.9 milioni all’anno per tutto il Settecento a 275 milioni all’anno all’inizio del Novecento. Una delle conseguenze di questo fatto fu l’aumento dei giorni di nebbia vissuti dai londinesi, triplicati – da 25 a t5 all’anno – tra il 1850 e il 1890. A quanto pare, tra le conseguenze di tutto questo c’è stato anche l’Impressionismo.

Abbiamo cambiato il sommario di questo articolo tre volte: doveva essere sul bisticcio tra Macron e Trump, poi sul video AI di Trump Gaza, alla fine è arrivato il triplo scazzo Zelensky-Trump-Vance. Serve altro per dimostrare che viviamo in tempi di velocissima escalation verso la fine del mondo?