Cose che succedono | Cinema

Una prima come quella di Megalopolis a Cannes non si è mai vista

Si potrebbe trarre un film dalla prima di Megalopolis a Cannes, e viene da piangere all’idea di cosa avrebbe fatto Eleanor Coppola se solo avesse avuto la possibilità di scrivere un libro anche su questo, di girare un documentario su quello che è successo giovedì 16 maggio al Grand Théâtre Lumière. Megalopolis è dedicato a lei, come ha detto Francis Ford Coppola nel giorno in cui Eleanor è morta: doveva essere un regalo per lei, ma purtroppo il tempo non è bastato. Così, il regista ha detto che adesso Megalopolis è il suo regalo per tutti, un messaggio che ha ribadito in un irritualissimo discorso fatto prima della proiezione del film.

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Coppola ha preso in mano il microfono e si è messo a parlare, di tutto tranne che del film: come un nonno nel mezzo di un ritrovo con parenti lontani e quasi sconosciuti, ha presentato la sua famiglia al pubblico in sala. «Questa è mia nipote», ha detto, indicando Romy, figlia di Sofia e di Thomas Mars (ve la ricorderete per quella volta in cui i genitori la misero in punizione perché aveva usato la carta di credito del padre per affittare un elicottero, andarsene da New York e raggiungere un’amica in Maryland). «E questa è mia sorella Talia», attrice nota soprattutto per l’interpretazione di Connie Corleone nel Padrino e di Adriana Pennino in Rocky, produttrice e sceneggiatrice. Ogni volta che Coppola presentava un membro della sua famiglia, allontanava il microfono dalla bocca e lo metteva davanti al volto della persona presentata, come se in quel momento quelle persone fossero assai più importanti delle sue parole. Il suo discorso si è poi esteso a tutti gli attori che hanno recitato in Megalopolis, e poi a tutti i presenti in sala: «Siamo tutti parte della stessa famiglia. Siete tutti miei cugini. Siamo la famiglia umana. È a questa famiglia che dovremmo essere fedeli, a tutta questa famiglia, e a questa splendida casa che abbiamo, la Terra. Il mio sogno è che i figli ereditino da noi un mondo bello. La parola più importante che abbiamo, la parola più bella in tutte le lingue è “esperanza”. Ed è a questo che dedico il mio film», ha detto, mentre la voce gli si incrinava sempre un po’ di più, fino a che il pianto non l’ha rotta.

Se siete tra quelli che seguono la ritualistica dei festival e delle mostre cinematografiche, sapete che momenti come questo non succedono spesso. Non succedono quasi mai, ed è così che si spiega la quantità di post, video, foto che sui social si sono visti e si stanno vedendo in queste ore tutti raggruppati sotto l’hashtag #Megalopolis. Ma che questa prima sarebbe stata diversa lo si è capito sin dall’inizio, da quando Coppola è entrato in sala accompagnato da una standing ovation che è durata tutto il tempo che è stato necessario a quest’uomo di quasi novant’anni, che cammina con la lentezza di chi deve sostenere ogni passo con un bastone, per raggiungere il suo posto. E poi una standing ovation c’è stata anche alla fine della proiezione, una lunga sette minuti, sette minuti in cui si sono sentiti anche i fischi perché era ovvio che si sentissero: Megalopolis non è un film, lo abbiamo capito ormai (anche dai problemi che ci sono stati sul set durante le riprese, raccontati in un dettagliatissimo pezzo sul Guardian), non lo è sia nel migliore che nel peggiore senso possibile. Anche tra i critici che lo hanno apprezzato, il commento fin qui più diffuso è che vederlo è come assistere a un sogno o a un delirio febbrile: è difficile vederlo e poi mettersi a parlare di trama, di personaggi, di messa in scena.

È talmente difficile che in tanti ci hanno già rinunciato e hanno deciso che il film non vale la pena dello sforzo che si è costretti a fare per vederlo e per raccontarlo. Vale quello che vale, ma nelle ore successive alla prima Megalopolis aveva accumulato un misero 38 per cento di freschezza su Rotten Tomatoes (punteggio basato ovviamente solo sulle recensioni dei critici), percentuale che adesso si è aggiustata ed è salita fino al 50 per cento. Megalopolis sapevamo che avrebbe suscitato questo tipo di reazioni: sono settimane che ne parliamo, e settimane che scriviamo che c’è chi lo trova inguardabile e invendibile, anche se distributori lo hanno già acquistato in Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, e il Ceo di Imax ha detto che farà in modo di far vedere il film negli Usa anche se non dovesse essere preso in carico da nessun distributore (a questo proposito, consigliamo la lettura del pezzo di Vulture Hollywood is Doomed if There’s no Room for Megalopolises“). Ma c’è anche chi, come il critico Bilge Ebiri, ha definito Megalopolis come «la cosa più assurda che ho mai visto». È la stessa cosa che ha detto Richard Gere alla fine della proiezione, altro momento virale venuto fuori dalla prima: rivolgendosi alle persone vicino a lui, l’attore ha detto che «bisogna essere pazzi per fare un film del genere». Probabilmente è per questo che Adam Driver, a un certo punto, ha deciso di spostare di peso la telecamera che inquadrava fisso lui durante la standing ovation alla fine del film. L’ha presa con entrambe le mani e l’ha spostata su Francis Ford Coppola, il pazzo al quale dobbiamo tutto questo.