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I Me contro Te sono l’unica vera power couple italiana

Sono l'educazione antimontessoriana, tra giocattoli fosforescenti, slime, capriole, smorfie. Soprattutto, dominano la creator economy italiana, sbancano il box office e fanno tour nei teatri: sono i Ferragnez dell'infanzia.

di Laura Fontana

La prima cosa che colpisce dei Me contro Te sono i colori: il fucsia fluo, il verde acido, il blu elettrico, l’arancione lisergico, mai abbinati tra di loro e fuori da ogni criterio armocromatico. Sono la nemesi del metodo Montessori, che prevede l’utilizzo di giochi in legno rigorosamente sui toni del beige: hanno salvato l’infanzia della generazione Z e Alpha da quel colore con una colata di slime glitterato, il pezzo forte di un catalogo merchadising sterminato. All’addestramento montessoriano del bambino hanno risposto con le challenge, che non sviluppano né l’indipendenza né la responsabilità nel fanciullo ma almeno intrattengono nel frattempo che la mamma sta finendo l’ultima call del pomeriggio.

Sono l’esplicazione del detto “I’m cringe but I’m free”. Benché io lavori coi social media ormai da mille anni, non sono mai voluta entrare nel merito della questione Me contro Te, rispondendo “ah, guarda, boh” a chiunque mi chiedesse la formula del loro successo, limitandomi a registrarne le performance social sempre ben oltre qualsiasi obiettivo e benchmark. Ma quest’anno ricorre il loro decennale di attività: mi sembra il momento giusto per superare il blocco mentale, e prendere atto che sono loro la vera power couple della creator economy italiana. I dieci anni di attività li festeggeranno con un nuovo film (arrivato oggi nelle sale, si intitola Me contro Te – Operazione spie) e uno spettacolo teatrale itinerante che si chiama proprio Me Contro Te, lo spettacolo dei 10 anni – in pratica il loro Eras Tour – fonte di guadagni strepitosi e onde sismiche causate da una fanbase di bambini felici che da grandi vorranno fare gli youtuber. I genitori, dai commenti che ho letto in coda ai post che sponsorizzano questi grandi eventi, si danno consigli per affrontare indenni la visione dell’ennesimo film, pregano affinché “questa fasi passi presto”.

Purtroppo, la pagina Wikipedia dei Me contro Te è misteriosamente oscurata per “controversia legale”, quindi per saperne di più della loro vita bisogna ripiegare su Webboh, il magazine della Gen Z, da cui si apprende che sono una coppia artistica nata su YouTube nel 2014, costituita da Luì e Sofì, fidanzati anche nella vita reale, da quando lei aveva 15 anni e lui ne aveva 20. Cosa che ha sollevato una di quelle shitstorm che è in tutto e per tutto la copia provinciale di polemiche di provenienza statunitense, fatta da gente italiana troppo presa dalla foga puritana by proxy per notare che può capitare di fidanzarsi al liceo (lei al primo anno, lui all’ultimo e ripetente) e non ci si lascia mai più. Quel tipo di coppia molto affiatata e molto odiata da Max Pezzali negli anni ’90 che da allora è stata forse ingiustamente snobbata. Ma prima di entrare nella dinamica di coppia, bisogna guardarli separatamente.

Sofì è una ragazza acqua e sapone del genere “tutto pepe”, ama molto il rosa e ultimamente, deduco da certi suoi tiktok, anche le borse di marchi dell’altissima moda. Ha una voce acuta, anche stridula; l’incubo è di trovarsela vicino sul treno alle prese con una lunga telefonata con l’amica, ma Sofì non alza la voce per sgridare, non impone di lavarsi i denti o cambiare i calzini o finire le verdure. Sofì alza la voce quand’è ora di far casino e questo il bambino lo capisce e lo apprezza.

Luì, invece, sorta di Jim Carrey dopo una cura Lodovico, vive la sua vita con i capelli drizzati in testa e la bocca perennemente spalancata, mettendo in mostra la perfetta dentatura bianca, stupefatto da tutto, in primis da sé stesso. Insieme, si divertono come bambini: fanno le capriole nel giardino della loro nuova casa (grande come un campo di calcio e con un’immensa piscina), provano tutti i bottoni della loro nuova Ferrari e del mega-Suv Mercedes. Fanno mirroring l’uno dei sorrisoni dell’altra, gesti con le dita, smorfie del viso, con l’enorme fanbase che gli va dietro. La community ha ovviamente un nome, “Le trote” (non c’entra il figlio di Bossi), e questo perché qualcuno una volta aveva capito “Me con Trote”.

Nei loro film da sbancamento del botteghino, che gareggiano in popolarità con quelli di Checco Zalone, si travestono da cowboy e fatine, viaggiano in Transilvania e nel tempo. Ammetto che ho visto il loro terzo film, quando finiscono in Egitto e coi miei figli nella loro fase “egittologia”. Alla fine annuivo compiaciuta: niente parolacce, niente volgarità, niente revisionismo storico, niente tentativi di conversione a ideologie post-moderne. Finalmente un po’ di sano intrattenimento scacciapensieri per bambini, vagamente lobotomizzante (ma certamente meno di certi video su TikTok o su YouTube). Un po’ varietà italiano del sabato sera anni ’90, un po’ Bim Bum Bam, ma senza l’ingenuità delle fettine panate di Cristina d’Avena nei panni di Licia, semplicemente Luì e Sofì che stanno bene con tutti, si divertono con tutti.

In un certo senso, sono gli eredi di Rosario Fiorello (che infatti gli ha fatto insieme a Biggio un’ottima parodia, i Ma senza se): essere animatori è uno stile di vita e a un certo tipo di persone riesce particolarmente bene. Hanno la verve degli animatori di quei resort che fanno impazzire qualsiasi coppia del ceto medio che, piuttosto che andarci e passare le mattinate in spiaggia sulla sdraio mentre i figli sono a spassarsela, si fa cento kilometri a piedi attraverso il Nepal coi figli sulle spalle. Infatti, i Me contro Te sono visti con grande sospetto dai genitori dell’ala progressista, che devono vivere la genitorialità con gravezza e rimpianti, ripensamenti esistenziali e grandi rinunce a esperienze di vita e carriere sicuramente sfavillanti; invece, i Me contro Te propongono una vita di coppia spontanea e gioiosa, e semplicemente sanno stare in mezzo ai bambini.

Non saranno un qualche psyop meloniano, una qualche pubblicità occulta sul calo demografico nazionale? Perché ai bambini piacciono così tanto e perché a noi, invece, stanno così sulle scatole? Un’ipotesi: perché i bambini vedono realizzarsi davanti ai loro occhi incollati sull’iPad il sogno segreto di avere dei genitori pieni di energia, che hanno ancora voglia di giocare a pallone e fare grigliate dal sabato alla domenica e andare al bioparco e lanciarsi col paracadute e fare le sfide, prima che il mondo adulto e le troppe call mattutine fiacchino il loro spirito. Luì e Sofì sembrano affrontare col sorriso anche la fatturazione elettronica, riscrivendo il detto in “I’m cringe but I’m rich”. Continuano a manifestare gioia e stupore quando incontrano altre celebrità italiane come Diletta Leotta (loro vicina di casa), Elodie, Tiziano Ferro, senza far notare che il loro giro d’affari ormai è più vicino a quello del giovane Berlusconi: fatturano milioni con abbondanti utili e reinvestono molto tradizionalmente sul mattone. Molto saggiamente si tengono alla larga da pandori solidali preferendo la fare beneficenza nel privato. Mentre noi guardavamo ai Ferragnex, loro diventavano la vera power couple d’Italia e nessuno pretenderà mai da loro di schierarsi per questa o quella causa perché l’importante è che divertano i bambini, sperando che la fase prima o poi passi.