Cultura | Estate

L’ingordigia di Massimo Bochicchio, l’uomo diventato truffatore per stare tutta la vita in vacanza

Un libro di Gigi Riva racconta la vita, e la fine, del Bel-Ami di Capua, che ha raggirato mezzo jet-set italiano prima di sparire, riapparire e morire.

di Giancarlo Liviano D'arcangelo

Cosa saremmo disposti a fare per conquistare il grande sogno collettivo, ovvero guadagnarci l’eterna estate della vita, una condizione economica bastevole per non lavorare mai più e vivere nel lusso più sfrenato? Saremmo disposti a delinquere per anni, a truffare e farci consegnare indebitamente centinaia di migliaia di euro – in qualche caso milioni – da amici e conoscenti con un sorriso a trentadue denti stampato in volto e mentre li ricopriamo di affetto, di attenzioni candide e promettiamo loro dividendi monstre?

Prima di rispondere no, mai! consideriamo che l’ultimo che lo ha fatto ha movimentato in trent’anni circa un miliardo e ottocento milioni di euro, arrivando a un picco di uscite mensili al momento di massimo splendore – tra spese fisse e vizietti estemporanei in arte, gioielli, antiquariato e delikatessen – pari a poco meno di duecentoquindicimila euro. Prima di rispondere sì, quando comincio, meglio sapere che alla lunga il crimine non paga mai, e che talvolta per soldi ci scappa il morto.

Alla fine dipende tutto dal nostro grado di ingordigia, e di fatti proprio Ingordigia (Mondadori, 2024) è intitolato il sorprendente, iper-documentato, emblematico reportage narrativo scritto con la forza di un romanzo da Gigi Riva, noto giornalista investigativo per l’Espresso, nonché romanziere e sceneggiatore. La vicenda di cui tratta è molto recente ed è di quelle che si guadagnano la luce dei riflettori: la temeraria ascesa verso la riccanza di Massimo Bochicchio, brillante Bel-Ami campano che tra il 1990 e il 2022 è riuscito a ricreare una versione moderna del celeberrimo schema Ponzi, truffando clienti e investitori appartenenti al jet-set dell’imprenditoria, dello sport, della nobiltà e dello spettacolo in Italia e nel mondo. È ancora possibile – è lecito chiedersi – raccogliere denaro in quantità siderali, promettendo dividendi del venti per cento a persone che i soldi li possiedono, li maneggiano, sanno guadagnarli e pure tanti? Evidentemente sì, se l’ingordigia non è più solo un trip di pochi rapaci, non è più solo più un sinonimo di avidità – uno dei sette peccati capitali – ma si erge a valore condiviso fino a brillare come musa ispiratrice a cui tendere per essere un vero vincente al passo con i tempi.

Bochicchio arriva a Roma durante i Mondiali del 1990, l’Italia è forse all’apice della sua forza, è una potenza mondiale, Mani Pulite è ancora lontana, ci sono scandali ma il Paese – pur con i suoi difetti – va avanti a gonfie vele. È figlio di uno stimato carabiniere campano, ma Massimo vuole molto di più, è ambizioso e vuole diventare miliardario. Dotato di una straordinaria memoria, il Bel-Ami di Capua penetra con abilità negli ambienti più altolocati, è informato, sa sempre cosa dire e come affascinare i suoi interlocutori: se sta con dei tennisti, parla dell’ultima racchetta, se deve pranzare con appassionati di motociclismo, arriva a bordo di una moto da favola, idem fa con orologi, case e quant’altro. È onnivoro di informazioni, le conoscenze le trova frequentando i circoli sportivi del lungotevere romano. Si guadagna i soprannomi di “Er fanfara”, lo spaccone, il fanfarone ma alla fine, anche se le sue adulazioni sembrano troppo sperticate ai ricchi e ai potenti cui si accoda, fanno sempre il giusto effetto.

Bochicchio intrattiene rapporti con Gianfranco Lande, al secolo “Il Madoff dei Parioli” che per lui è un vero punto di riferimento, tanto che le loro vicende sono sovrapponibili: stessa clientela, stesse promesse di rendimento, stesso sistema a vasi comunicanti basato su 4 punti chiave: 1) promessa al cliente di un rendimento molto alto e ravvicinato; 2) mantenimento dell’impegno; 3) il passaparola che amplia la platea dei gonzi 4) i nuovi soldi incassati che servono a pagare i primi caduti nella rete, e così via. Con questa tecnica, e con la possibilità di spendersi un ruolo dirigenziale alla Hsbc, una delle più grandi banche commerciali del mondo, il tenore di vita del Bel-Ami di Capua cresce sempre più. Spende 107 mila euro al mese come spese ordinarie di famiglia e altrettanti, di media, per acquistare antiquariato, quadri, orologi, auto, moto e gioielli.

Clienti illustri cadono nella sua rete, tra cui l’allora allenatore del Chelsea, ex Juventus e Nazionale Antonio Conte. I due si conoscono a Londra, Conte è restio, deve investire 18 milioni, Massimo lo convince portando in dote l’amicizia ventennale con Malagò e assumendo a Londra il fratello di Antonio, Daniele, che lavora in banca a Torino. Entrano nella sua rete l’osteopata dei vip romani Mariani, Davide Lippi, procuratore, figlio di Marcello, Federico Pastorello, procuratore di Conte che fa versare all’Inter 10 milioni direttamente nella Kidman di Bochicchio. E ancora Patrice Evra, El Shaarawy, l’altro procuratore Luca Bascherini. Rodolfo Errani, erede dell’industria Cisa che produce chiavi, investe come socio 100 milioni nelle società off-shore di Bochicchio. È questo l’apice, il momento in cui l’eterna estate della vita sembra raggiunta. Ma come sempre accade a chi in quel tipo d’estate non nasce, winter is coming.

Bochicchio gira sì mezzo mondo, ma da latitante. Hong Kong, Dubai, Tulum in Messico, poi Madrid, sempre hotel di lusso. Nessuno può rintracciarlo, solo la moglie Arianna ci riesce, e nemmeno con troppa frequenza. Quando avviene, lo avvisa della enorme pressione che riceve. I creditori e le loro mogli la chiamano, la minacciano, talvolta la insultano. La credono complice. I factotum di Bochicchio, negli uffici romani, iniziano a distruggere documenti che potrebbero essere compromettenti. Ormai le denunce fioccano, il ruolo in banca è perduto, ci scappa pure un morto, nella City londinese, un collaboratore di Bel-Ami che aveva scoperto troppo. Nel 2021, il canto del cigno. Le manette a Fiumicino, la promessa di voler lavorare per ripagare i debiti, le due ore al giorno libere che saranno preludio della sua fine, sulla Salaria, a causa di un incidente in moto e di un incendio che carbonizza il suo corpo e per mesi rende impossibile la prova del Dna. La prima notte di quiete dopo trent’anni, per dirla con Goethe.

Se per raggiungere l’estate eterna bisogna superare tutto questo… meglio allora le nostre, di vacanze. Brevi, preludio al rientro nell’eterno ciclo produttivo e nelle rispettive routine, più o meno affollate a seconda di quanto siamo scaltri nella scelta del dove e del quando. Ma con Ingordigia di Riva in mano, in spiaggia, in montagna, o sotto l’aria condizionata a casa – come avviene solo nei grandi romanzi o nelle grandi serie televisive – ci perderemo in un altrove al tempo stesso vicino e lontano, dov’è possibile sentirci migliori (o peggiori) di quegli eroi/antieroi contemporanei che ci somigliano sempre un po’.

Ognuno di noi ha un libro, una canzone, un film che associa all’estate. “Cose d’agosto” è una raccolta di articoli in cui le autrici e gli autori di Rivista Studio raccontano questo loro feticcio estivo, che sia intellettuale o smaccatamente pop.