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Le riviste di moda sono noiose

Marie-Amélie Sauvé, consulente e fashion director di T, ha appena fondato MasterMind, un nuovo magazine senza strategia digitale che punta sull'intelligenza.

07 Febbraio 2017

«La maggior parte delle riviste di moda oggi sono spazzatura. Quello che ci vedo dentro, per me, non è desiderabile. Hanno bisogno di cambiare, gli editoriali che vedo sono sempre tutti uguali». Così si è espressa Marie-Amélie Sauvé, fashion director del T Magazine del New York Times e affermata consulente di immagine, in un’intervista a Jo Ellison sul Financial Times, prima di annunciare il suo nuovo progetto che è, neanche a dirlo, un magazine. MasterMind, infatti, debutterà ufficialmente il 9 febbraio e l’unica traccia digitale che permette, ora come ora, di farsene un’idea è un profilo Instagram nella cui descrizione si legge «un magazine da collezione». Tanto per iniziare, «[MasterMind] non è solo una rivista di moda, ma si occuperà anche di società, architettura, letteratura, di quello che succede nel mondo», ci tiene a specificare Sauvé, storica collaboratrice di Nicolas Ghesquière, assieme al quale ha costruito l’immagine del “nuovo” Balenciaga (prima che da quelle parti ci arrivasse Demna Gvasalia) e con il quale continua a lavorare oggi da Louis Vuitton. Convinta che la moda da sola non basti a rendere interessante (o rilevante) una rivista, Sauvé ha voluto dare vita a un prodotto che prima di ogni cosa fosse un oggetto (da collezione, appunto) da poter toccare con le mani, quindi che avesse una chiara vocazione internazionale. Il primo numero contiene, fra le altre cose, un profilo del regista e attore Xavier Dolan (già testimonial di Louis Vuitton da un paio di stagioni), un immaginario dialogo tra Hillary Clinton e Claire Underwood di House of Cards e un’intervista alla giornalista televisiva Anne Sinclair, ex moglie di Dominique Strauss-Kahn, mentre tra i collaboratori figurano nomi come i fotografi Bruce Weber e Steven Meisel, lo stesso Ghesquiére, la modella Freja Beha Erichsen e l’architetto e urbanista Ricardo Bonfill.

Credo fosse importante creare qualcosa che le persone potessero toccare

iXo87ZOzUna stimata professionista che decide di realizzare qualcosa che rispecchi a pieno la sua visione dell’industria in cui lavora con successo da quasi vent’anni. Lo aveva già fatto Katie Grand con LOVE, che ha debuttato nel 2009, e Carine Roitfeld dopo l’esperienza da direttore di Vogue Paris, quando nel 2012 ha lanciato CR Fashion Book. Quello che colpisce del progetto di Sauvé, comunque, è l’assenza, in parte certamente voluta, di una vera e propria strategia digitale: «Al momento [MasterMind] è solo un oggetto. Credo fosse importante creare qualcosa che le persone potessero toccare. Nel futuro faremo certamente qualcosa su Internet, perché comunque quello è il futuro». Come nota la stessa Ellison, è piuttosto singolare che Sauvé, conosciuta per la sua bravura nell’anticipare e creare le tendenze, nutra ancora una simile fiducia nelle potenzialità di un magazine cartaceo e non ritenga prioritario l’investimento digitale. Sempre a proposito di giornali del futuro, nella nostra chiacchierata sull’ultimo numero di Studio, Stella Bugbee di The Cut si è detta convinta che molto presto leggeremo solo online e che la carta rimarrà un’esperienza «lussuosa e bellissima» solo per chi la ricerca: è difficile darle torto, in particolare se si pensa al radicale processo di rinnovamento che sta attraversando l’editoria negli ultimi anni. Sauvé, che non è particolarmente entusiasta della piega “democratica” che la moda ha preso – «Oggi tutti possono diventare designer ed è una cosa buona e cattiva allo stesso tempo» – spera che ritorneremo presto a prenderci del tempo per pensare, guardare un film con più attenzione e magari leggere con calma. Insomma, che le riviste da collezione non facciano per forza la fine dei libri comprati ma mai letti.

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