Lucky Red, distributore italiano del film, ha deciso di riportarlo in sala in occasione della Festa della Liberazione.
Presto potremo leggere il famoso libro self-help di 400 anni fa contro la malinconia
C’è stato un momento, nell’adolescenza di tutti, in cui dicevamo di soffrire di malinconia. Forse avevamo appena letto I fiori del male, o finito quel film di Sofia Coppola, magari ascoltato per l’ennesima volta Nick Cave. La malinconia è una condizione che ci ha sempre affascinato, e come noi anche gli artisti di tutte le epoche, che dicevano fosse colpa sua se poi finivano per scrivere solo di cose tristi. Questa fascinazione ha origine da un libro, The Anatomy of Melancholy, un volume pubblicato nel lontano 1621 ancora in circolazione in traduzioni approssimative. A luglio, a 400 anni esatti dalla prima stampa, uscirà per Penguin una riedizione commentata dal professore di Cambridge Angus Gowland, che da decenni ricerca i significati dietro ognuno dei 13 mila riferimenti e citazioni. Ne è uscito un libro di 1376 pagine, che crede renda il volume seicentesco finalmente accessibile a tutti, non solo ai letterati. Da noi esiste già ma in versione ridottissima, pubblicato da Feltrinelli e sono poco meno di duecento pagine.
«Uno dei motivi per cui la malinconia ci affascina così tanto è perché non si tratta di una malattia in particolare, ma di una condizione di irrazionalità oppure di emozioni forti e distruttive. E comporta modi di pensare a queste condizioni che non sono mediche, ma morali e spirituali», ha raccontato al Guardian. C’è voluto quasi metà secolo per capire esattamente cosa volesse dire l’autore di The Anatomy of Melancholy, spiega il professore, che per anni ha consultato libri impolverati di tutte le biblioteche d’Inghilterra. Per far capire il lavoro che c’è dietro ha fatto un esempio: “Don’t crush the basil”, letteralmente non schiacciare il basilico. Nessuno sapeva cosa volesse dire, i lettori ci hanno visto il suggerimento di una ricetta pseudomagica. Da un polveroso volume del 1590 ha scoperto che era un modo di dire che veniva dal latino e significava qualcosa come: «Sii gentile con te stesso e con gli altri».
Nel Seicento un medico avrebbe etichettato qualsiasi disturbo come malinconia, infatti era considerato «un termine ombrello per indicare che c’è qualcosa che non va nella tua testa». Come un moderno libro di self-help, secondo il professore ognuno troverà qualche passaggio nel quale si riconoscerà e che potrebbe aiutarlo, «indipendentemente dal tipo di malinconia dal quale soffre il lettore, che sia un cuore spezzato, una superstizione religiosa o la depressione, insomma qualsiasi cosa possa venir visto come un disturbo dell’umore, nel libro c’è sicuramente un rimedio per quello».

Subito dopo la vittoria dell'Akatugawa Prize, il Premio Strega giapponese, la giovane autrice Rie Qudan ha detto di essersi fatta aiutare dall'AI per scrivere il romanzo. E di essersi trovata benissimo.