Lucky Red, distributore italiano del film, ha deciso di riportarlo in sala in occasione della Festa della Liberazione.
La leggenda di Lorde
Con Melodrama la cantante neozelandese ha perso l’aria arrogante dell’adolescenza, e si è ammorbidita da un lato e indurita dall’altro.

Se invece che nel 1854 fosse nato nel 1996 – e se avesse fatto musica invece che poesia, lasciando perdere le droghe e Verlaine – Arthur Rimbaud sarebbe stato Lorde. Cosa rimane di un poeta dall’inferno se lo si priva della parte maledetta, si tengono il genio e le parole e lo si scaraventa a 16 anni nel cuore del pop? Una cosa luminosa che lascia a bocca aperta, come Melodrama, il nuovo disco di Lorde.
Ella Marija Lani Yelich-O’Connor, che sceglie di chiamarsi Lorde, aggiungendo una “e” a Lord e definendo così, fin da subito, il proprio ruolo nel mondo – elevato, aristocratico, distaccato, di ragazza con cuore e cervello delicati e diversi – firma con la Universal ancora adolescente. Il suo primo lavoro, The Love Club EP, viene realizzato nel 2013, lei ha da poco 17 anni, e raggiunge il numero due della classifica in Nuova Zelanda e in Australia. Nel 2013 esce Royals, singolo tormentone che introduce al suo disco d’esordio, Pure Heroin, mandato in loop dalle radio di tutto il mondo, e Lorde diventa l’artista più giovane in assoluto e l’unica neozelandese a raggiungere il numero uno nella classifica Usa. Il video che accompagna il pezzo introduce un’estetica fresca e pulitissima, basata su campiture beige, grigie e bianche, luci fredde, pallidi petti di ragazzi, un dark chic minimale che verrà mantenuto e accentuato anche negli altri video: Team e Tennis Court.
La leggenda di Lorde ricorre in tutte le interviste (la migliore è questa, lunghissima, di Jonah Weiner per il NY Times): viene notata da talent scout neozelandese quando ha qualcosa come quattordici anni, le danno da cantare pezzi scritti per lei da autori adulti – non è contenta, la cosa non funziona – poi inizia a scrivere le sue canzoni da sola, ed ecco il prodigio – la voce che esce dalla bocca è densa, profonda – la voce della mente è altrettanto intensa – orgogliosa, superba – la ragazza sembra possedere una saggezza miracolosa, da veggente, che traspare perfino dal suo viso, dagli occhi azzurri e dai lineamenti di bambina adulta, raffinata e goffa allo stesso tempo, di una bellezza rara e inimitabile, più da animale selvatico che da essere umano.

Il nuovo disco, Melodrama, è un’isola di potenza e libertà racchiusa in sonorità terse, cristalline, che sanno di grattacieli come di boschi notturni, di party come di diari segreti, il tutto immerso in una luce verde. Green Light è il titolo del singolo con cui Lorde sta presentando il disco: il video è molto diverso dai precedenti. Lorde ha tagliato i suoi lunghissimi voluminosi ricci, seguendo l’ossessione del taglio medio (cfr Bella Hadid e Selena Gomez all’ultimo Met Gala). Con un abito fucsia balla nella notte e si carica per la serata; o forse quella è la sua serata? Niente più skinhead neozelandesi con la pelle bianco latte, niente più strutture di cemento abbandonate e outfit techno-dark, Lorde ha 20 anni e ha perso l’aria arrogante e musona dell’adolescenza, si è lasciata con il fidanzato storico, si è ammorbidita da un lato e indurita dall’altro.
Se in Pure Heroin si presentava al mondo annunciando la propria insofferenza nei confronti della stupidità degli altri («Don’t you think that it’s boring how people talk / Making smart with their words again, well I’m bored»), nel nuovo disco veste una voce più soffice e anche più intima, e al “noi” che tanto ricorreva in pezzi come “Team” e “Royals”, si aggiunge un “io” più dolce e forse anche un po’ più ubriaco, fragile e confuso, sicuramente più solo. Lorde non ce l’ha più con la gente noiosa, ma con uno stronzo in particolare. E “Green Light” inizia così: «I do my makeup in somebody else’s car / We order different drinks at the same bars / I know about what you did and I wanna scream the truth / She thinks you love the beach, you’re such a damn liar».

Ma tornando a Rimbaud e alla poesia. Come ha fatto Lorde a imparare a scrivere così? Sua madre è una poetessa croata importante e dava da leggere alla ragazzina dodicenne cose come Raymond Carver, Sylvia Plath, Walt Whitman e T.S. Eliot. In un’intervista uscita sull’ultimo numero di Rolling Stone Italia, Lorde racconta che sua madre le ha insegnato la magia della sinestesia (su Teen Vogue un articolo dedicato) e dicendo così mi fa tornare a Rimbaud, alle vocali colorate di Voyelles. Ma se penso al Je est un autre rimabudiano lo trovo molto diverso dagli “io” e dai “noi” usati da Lorde, che invece sembra dentro se stessa e nel mondo che la circonda in un modo più puro, acuto, attento e importante di quanto riusciamo a fare tutti noi, di quanto riescano a fare perfino le altre pop star.
A far parlare di lei è stato anche il modo in cui ha contestato senza timore alcune delle personalità musicali e il loro modo di coniugare pop e femminilità. Prese le distanze da Taylor Swift, di cui adesso è molto amica (come lo è di Tavi Gevinson e Lena Dunham, e con il fidanzato di quest’ultima, Jack Antonoff, che ha lavorato a Melodrama); ha contestatp Lana Del Rey, per la donna da lei impersonata e disegnata nelle sue canzoni – masochista, geisha, completamente dipendente da una figura maschile dominante – niente di più diverso da una ragazza che sul palco del Saturday Night Live balla così.

Eppure Lorde ha sempre citato tra le sue fonti d’ispirazione icone pop femminili e le sue riflessioni sull’importanza della musica pop sono a dir poco illuminanti: nella lunga intervista sul New York Times, cita Teenage dreams di Katy Perry accostandola alla musica di gente come David Bowie, Fleetwood Mac e Neil Young.
Melodrama potrebbe stare a Lorde come Les Illuminations a Rimbaud. Se non fosse che la raccolta di Rimbaud è un testo incompleto, reso ancora più incandescente dalla sua decisione di smettere di scrivere e girare l’Europa a piedi, scappare in Africa, dimenticare la scrittura e Parigi e tutto il resto. Ma in Lorde non c’è nessun inferno, soltanto una forza gloriosa, una dignità stupenda, un modo nuovo – nobile, inquieto, potente – di sentirsi giovani.
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