Dopo un'infinita serie di live in giro per l’Italia, la band ha fatto uscire il suo primo disco, Chi è Nicola Felpieri?: li abbiamo intervistati e con loro abbiamo parlato di retromania, autotune, Milano e Salento.
Lithub ha raccolto le stroncature letterarie più acide del 2021
La stroncatura è un fondamentale della critica letteraria che in pochissimi possono dire di padroneggiare davvero. La stroncatura non è una recensione come tutte le altre: per scriverne una fatta proprio bene, che sia davvero bella, non basta la capacità di leggere, analizzare, criticare, smontare e rimontare un pezzo di letteratura. Tutto questo serve, ovviamente. Ma, in più, bisogna essere capaci di far ridere, mettersi per un attimo nei panni dello stand-up comedian, capace di salvare un oggetto, un evento, un fatto dalla sua stessa bruttezza sottolineandone gli aspetti involontariamente comici. Una stroncatura, insomma, deve innanzitutto far ridere: d’altronde a nessuno piace leggere un pezzo rancoroso, velenoso. O, meglio: a tutti piace leggere un pezzo rancoroso, velenoso, basta che faccia ridere, appunto.
LiteraryHub ha fatto delle stroncature letterarie le protagoniste di una sua piccola tradizione, un’abitudine ancora giovane ma già molto amata dai suoi lettori: ogni anno il sito raccoglie le migliori stroncature lette nei 365 giorni precedenti, prendendole sia dalle sezioni dei quotidiani dedicate ai libri sia dalle pagine delle riviste specializzate. «Per fortuna, ci sono ancora delle tradizioni di fine anno che, come lo scarafaggio, sopravvivono al caos e alla catastrofe», è così che LitHub annuncia l’edizione 2021 di “The most scathing book reviews”, un’edizione «ricca e squisitamente maliziosa più di tutte quelle viste finora». I libri che hanno avuto il “privilegio” di essere inclusi in questa lista sono
Beautiful world, where are you di Sally Rooney
«Che Felix sia anche gentile con il suo cane completa il melenso quadretto hollywoodiano sul quale si basa il suo fascino, la giusta redeeming quality per un noioso imbecille» (Christian Lorentzen, London Review of Books)
Philip Roth: The Biography di Blake Bailey
«Le accuse di essere un predatore sessuale rivolte a Bailey hanno fatto nascere il sospetto che tra lui e Roth il rapporto non sia quello che esiste di solito tra un biografo e il protagonista della biografia, ma quello tra due alleati in una cospirazione, compagni di melma, protagonisti di una fraterna simmetria» (James Wolcott, London Review of Books)
Out on a Limb: Selected Writing, 1989-2021 di Andrew Sullivan
«All’inizio di questo libro si ha la sensazione che Sullivan stia compiendo un’opera di gaslighting nei confronti dei suoi lettori, ma proseguendo nella lettura si comincia ad avere il dubbio che Sullivan, in realtà, il gaslighting lo stia facendo a se stesso» (Dale Peck, The Baffler)
Prima persona singolare di Haruki Murakami
«A essere generosi, Prima persona singolare è moscio, insipido e apatico; a essere cattivi, invece, esprime un vero e proprio disprezzo per i suoi stessi lettori» (Bryan Karetnyk, Times Literary Supplement)
Sul mio corpo di Emily Ratajkowski
«[…] Ma una vita straordinaria non porta automaticamente ad assumere un punto di vista straordinario, e la banalità è proprio il principale problema di Sul mio corpo» (Emma Levy, Seattle Times)
The Netanyahus di Joshua Cohen
«[…] Un romanzo che si ritiene vitale e potente ma che in realtà è anemico, quasi un non-morto» (Nathan Goldman, Jewish Currents)
Bomber Mafia di Malcom Gladwell
«La lezioncina pseudo-brillante di Gladwell vorrebbe convincere milioni di persone che l’unica maniera per interrompere i massacri americani è continuare a lavorare su coltelli sempre più affilati, sempre più grossi» (Noah Kulwin, The Baffler)
The Stranger in the Lifeboat di Mitch Albom
«Lo zucchero filato di libri come questo è il sostituto sdolcinato che rovina l’appetito che si dovrebbe avere per il cibo sacro» (Ron Charles, Washington Post)
Smarrimento di Richard Powers
«Di tutti i romanzi che sono stati una risposta alla presidenza di Trump, questo è probabilmente quello che più di ogni altro si è avvicinato alla pura e semplice propaganda» (Christian Lorentzen, London Review of Books)
Verso il Paradiso di Hanya Yanagihara
«Se l’antidoto per le idee pericolose è la narrazione scolastica, sono costretta a chiedermi (a quanto pare assieme a Yanagihara) se la cura non sia davvero peggio della malattia» (Rebecca Panovka, Harper’s)
Woke Racism di John McWhorter
«La solita tirata contro la “cancel culture”, una routine di Bill Maher però senza le battute, un segmento di Tucker Carlson ma senza cravattino e smorfie» (Elie Mystal, Washington Post)
Crossroads di Jonathan Franzen
«Dobbiamo partire dal presupposto che ciò che distingue un grande romanzo da uno appena discreto non è la classe sociale alla quale appartengono i suoi lettori, ma la prosa di chi lo scrive. […] Crossroads è molto lontano dall’essere il romanzo di cui l’America ha bisogno; sfortunatamente, è esattamente il romanzo che il Paese merita» (Ryan Ruby, New Left Review)
The Every di Dave Eggers
«Per una difesa delle sfumature e dell’imprevedibilità, The Every soffre di una incredibile mancanza di entrambe. […] Pochissimo è lasciato all’interpretazione del lettore. […] Spesso, leggendolo, avrei voluto trovare un invito ad arrivare alle mie personali conclusioni, a esercitare il mio punto di vista, le stesse abitudini della cui scomparsa il libro si lamenta» (Chelsea Leu, New York Times Book Review)
Razionalità di Steven Pinker
«Nel 2007 Pinker fornì la sua esperienza professionale alla difesa di Epstein… L’esempio perfetto di un processo mentale così immacolato che riesce a dare un’impensabile giustificazione anche a quanto di più grottesco» (Jennifer Szalai, New York Times)
Last Best Hope: America in Crisis and Renewal di George Packer
«Packer è un reporter e un narratore di talento, però è un polemista mediocre e con Last Best Hope ha deciso di dedicarsi proprio alla polemica, a discapito del reporting e dello storytelling» (David Klion, The Baffler)
Doom: The Politics of Catastrophe di Niall Ferguson
«Se avete mai partecipato a uno di quei ritrovi aziendali in cui c’è sempre il “thought leader speaker”, se avete ascoltato abbastanza Ted Talks online, allora conoscete il genere» (Mark Whitaker, Washington Post)