Quando, come e perché la casa di una persona normale diventa un archivio – parziale, ma comunque abbastanza esteso – di tutto quello che ha pubblicato FMR?
C’è un progetto per lanciare 125 libri autopubblicati sulla Luna
Colonizzeremo anche la Luna? Ci abiteremo, costruiremo nuove abitazioni e nuove strade? Certo, anche se quella che negli anni Sessanta era la “corsa allo spazio” negli ultimi decenni si è via via consolidata come un ambito finalizzato allo sfruttamento economico, forse molti di noi potrebbero non aver smesso di immaginarsi in vacanza in lussuosissimi resort sulla superficie lunare (ci sono tanti progetti a riguardo, come la realizzazione di una struttura abitativa sulla Luna per accogliere gli astronauti attesi nel 2024 nell’ambito del programma Artemis). In ogni caso, quando ci andremo, se ci andremo, potremmo aver voglia di leggere. Proprio quest’anno, l’autrice Susan Kaye Quinn ha inventato “Writers on the Moon“, una capsula del tempo contenente una scheda SD digitale con 125 opere autopubblicate, romanzi e racconti, da spedire sulla Luna il prossimo dicembre.
Come racconta Literary Hub, “Writers on the Moon” è nato grazie al marito di Quinn, Kerry, che lavora all’Astrobotic, società che fornisce servizi di consegna nello spazio (parliamo di prodotti in ambito robotico specifici per le esplorazioni). Quinn ha quindi acquistato una capsula grazie ad Astrobotic, aprendo la possibilità a 125 scrittori di acquistare uno slot da 10 dollari (20 MB) sulla sua capsula per inviare il proprio manoscritto. Molti degli scrittori che hanno scelto di partecipare, continua Lithub, sono stati attratti dal progetto non solo per la sua novità, ma anche per il fatto di sapere che il loro lavoro potrebbe servire e deliziare le generazioni future. Madeline Freeman, una delle scrittrici indipendenti del progetto che ha inviato una propria rivisitazione in chiave futuristica de La Sirenetta, crede che la Luna sia un luogo particolarmente adatto per pubblicare le sue storie. «Nei miei libri, non importa di cosa parlino, tutto si riduce alla speranza e al fatto di essere uniti, perché siamo più forti di quanto lo siamo separati, e questo è il messaggio che voglio essere in grado di inviare al mondo, magari partendo da un altro pianeta», o da un satellite.