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Il New Yorker ha appena recensito Lessico famigliare di Natalia Ginzburg

Il New Yorker ha pubblicato una recensione entusiasta di Lessico famigliare. Il celebre romanzo di Natalia Ginzburg, che è uscito in Italia nel 1963 e ha vinto il premio Strega, è stato tradotto per la prima volta in inglese nel 1967. Però in America è uscita di recente una nuova traduzione, di Jenny McPhee, pubblicata dalla New York Review of Books nella sua collana “Classics”.
È a questa nuova traduzione che la recensione di Cynthia Zarin si riferisce. Il titolo dell’articolo “Hiding in Plain Sight: Natalia Ginzburg’s Masterpiece” allude sia alla vicenda della scrittrice torinese, che si è nascosta “in piena vista” andando a vivere in campagna coi figli e assumendo il cognome materno (che era cattolico), sia al fatto che, per il pubblico americano, il suo capolavoro è sempre stato lì, ma in un certo senso è rimasto nascosto.
«La scrittrice americana Grace Paley diceva spesso ai suoi studenti che ogni storia è in realtà due storie: quella in superficie e quella che scorre sotto. Il climax è quando le due storie s’incontrano. Per Ginzburg, la seconda storia che sottolinea la prima è il lato oscuro della storia: il ruolo che la sua famiglia ha svolto nel movimento anti-fascista in Italia e il fato delle persone a loro care durante l’occupazione tedesca», scrive Zarin, notando che l’uccisione del marito della scrittrice, Leone Ginzburg, è appena accennata.
«La cosa migliore che si può dire di questo libro è che è un capolavoro», prosegue l’autrice della recensione. «C’è qualcosa di Beckett nella prosa di Ginzburg; e qualcosa di Chekhov, che ammirava molto; e qualcosa delle ultime opere di Shakespeare, dove la tragedia spesso avviene fuori dal palcoscenico. È uno dei misteri della vita che quello che rende le tragedie sia sopportabili, sia insopportabili è la stessa cosa: che la vita va avanti».