Washington, la Casa Bianca, stanno a Frank Underwood, che torna a marzo sugli schermi di tutto il mondo con la quarta stagione di House of Cards (in Italia in esclusiva su Sky Atlantic), come Hollywood, o quel che ne resta, sta a Kevin Spacey. Un paragone azzardato, un gioco naturalmente, che però lo stesso attore americano ultimamente si diverte ad alimentare.
Impostando la voce come sul set della serie, bramando voglia di nuovo potere, di nuove sfide e di nuove avventure. Quali? Spacey – che com’è noto, oltre che attore, è anche produttore e direttore artistico – è stato recentemente nominato presidente di Relativity Media, un celebre studio cinematografico americano sull’orlo della bancarotta, che lo stesso attore, con la socia storica Dana Brunetti (la loro Trigger Street Production ha prodotto film di successo come The Social Network, e Captain Phillips, oltre che lo stesso House of Cards), ha deciso di acquistare promettendo di rimetterlo in piedi nel giro di un paio d’anni. Sistemeranno i conti con film di qualità, circa dieci all’anno, hanno dichiarato i due. Uno Spacey, quindi, sempre più imprenditore dell’innovazione, uomo di marketing, interessato al cambio di paradigma in atto nel racconto cinematografico e televisivo, oltre che attore e creativo tout court.
Spacey, due volte premio Oscar (per I soliti sospetti, 1995, e American Beauty, 1999), scherza con quella sua voce sapientemente impostata di cui sopra, improvvisando uno speech presidenziale attorno al nome stesso della sua nuova impresa: «Oggi voglio parlarvi della Relativity theory, della teoria della relatività. Perché se è vero, come dicono, che se ti trovi su un ascensore non sai se stai andando su o giù, in questo momento mi sembra decisamente di stare salendo in alto, e rapidamente!». Entusiasmo dichiarato. Del resto, la strategia per il nuovo studio è chiara, ci spiega Spacey: sarà Netflix a distribuire i film della Relativity. «Come presidente della casa di produzione deciderò io stesso a quali progetti dare semaforo verde. Ah, annuso l’odore buono del potere» continua Spacey, che qui spalanca un sorriso sornione. «Abbiamo già pronti alcuni film che sono sicuro risolleveranno le sorti della nuova Relativity: due horror, The Disappointments Room e Before I Wake, poi il thriller con Halle Berry Kidnap, e la commedia di Kristen Wiig Masterminds. Li ho osservati, decostruiti, ricostruiti uno per uno e confido nel loro valore. E poi abbiamo tante altre cose nel cassetto».
L’enigmatico Spacey, specializzato in personaggi di intelligenza superiore, spietati e senza scrupoli, ambigui e conniventi, è tanto eloquente e aperto circa il lavoro e gli sviluppi professionali quanto discreto e protettivo quando il discorso scivola sulla sua vita privata. Di cui, non è un caso, si sa poco o nulla. «Meno si sa di me, più è facile convincervi che io sia quel determinato personaggio sullo schermo», dice a Studio a proposito. «Questo permette al pubblico di entrare al cinema, o accendere un computer o la tv, e credere all’istante che io sia davvero quella persona». Missione, questa della totale immedesimazione agli occhi del pubblico, che nel caso di Frank Underwood ha funzionato alla perfezione. […]
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