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Kassovitz ha detto che quello che sta succedendo in Francia è un sequel dell’Odio
In questi giorni la Francia è attraversata dalle proteste scoppiate in seguito alla morte del 17enne Nahel M., ucciso a Nanterre da un agente della polizia durante dei controlli presso un blocco stradale. L’agente è sotto indagine per omicidio, ma le rassicurazioni da parte del governo di Élisabeth Borne e del Presidente Emmanuel Macron non sono state sufficienti ad evitare, come detto, le proteste. Seimila persone hanno marciato per le strade di Nanterre, un corteo organizzato per ricordare Nahel che, guidato da Mounia, la madre del ragazzo, ha attraversato le vie della città urlando i cori «No justice, no peace» e «La polizia uccide». Non è successo solo a Nanterre: tantissime persone sono scese in strada in praticamente tutte le città di Francia e tutti i casi si sono trovate contro la polizia in assetto antisommossa. Ci sono stati scontri, incidenti, danneggiamenti. Come sempre succede in Francia in questi momenti, a tanti sono tornate in mente le scene iniziali dell’Odio, il film di Mathieu Kassovitz che meglio di tutti ha raccontato la storia recente del Paese.
Kassovitz ha detto la sua su quello che sta succedendo in Francia con un reel pubblicato su Instagram. «Ogni volta che succede una cosa come questa, si scrive un nuovo capitolo dell’Odio. È così da trent’anni. È un film che fa parte della nostra cultura ormai, è parte di ciò che siamo. Vinz, Hubert, Saïd [i tre protagonisti dell’Odio, ndr] sono i nostri fratelli e le nostre sorelle minori, sono i nostri figli, adesso. Noi siamo diventati adulti e loro sono diventati i nostri figli», dice Kassovitz. Il regista prosegue spiegando che «un errore della polizia può succedere. Che un poliziotto sia addestrato male, che sia stanco, può succedere. Non hanno a che fare con degli angeli, in alcuni casi, e anche loro talvolta rischiano la vita». Ma questo non toglie la necessità, se davvero la Francia vuole prima o poi raggiungere una qualche pacificazione, della condanna del colpevole dell’omicidio di Nahel. «L’unico modo per ristabilire la calma è condannare il poliziotto. Farlo rapidamente, in modo da dimostrare che la legge è forte e che vale per tutti i francesi, non solo per una parte di loro».
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Quello che viene dopo la condanna del colpevole è una lotta dentro e contro le istituzioni che hanno creato la Francia com’è adesso. Kassovitz dice che è necessario «rompere questo circolo vizioso. Che non è creato dai giovani ma dalla politica, dalla magistratura, dai media. Da un sistema gigantesco che non ha nulla a che fare con i giovani delle periferie». Giovani che, secondo il regista, non possono che essere definiti vittime di questa situazione che si trascina e perpetua da decenni. «C’è sempre chi non capisce con chi ha a che fare, chi sono questi ragazzi. Sono figli, non delinquenti. Non hanno armi. Non sono criminali».