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Quando era il suo professore di scrittura, Jon Fosse stroncò una poesia di Karl Ove Knausgård
È un aneddoto che, come riportò Damion Searls nel lontano 2015 sulla Paris Review, parlando della sua esperienza come traduttore dello scrittore norvegese Jon Fosse, oggi insignito del Premio Nobel per la Letteratura, Karl Ove Knausgård ha raccontato almeno due volte in occasione di eventi a New York: a quanto pare, Jon Fosse, suo professore di scrittura creativa, stroncò una poesia che aveva scritto, affermando che «un aggettivo non era male ma il resto non era affatto poesia», un commento con cui l’allievo Knausgård si trovò sorprendentemente d’accordo. L’aneddoto compare anche nel quinto libro di The Struggle di Knausgård, pubblicato nel 2016 sul New Yorker in un estratto dal titolo “At the Writing Academy”.
«La mia poesia, che è stata l’ultima che abbiamo analizzato, parlava della natura. Avevo provato a descrivere la bellezza e l’apertura della campagna, e la poesia si chiudeva con l’erba che sussurrava “vieni”, come se parlasse al lettore ed esprimesse la sensazione che avevo provato quando avevo visto il dipinto. Dato che si trattava del dipinto di paesaggio, non c’era nulla di moderno nella poesia, e mi ero seduto per un po’ provando varie tecniche per renderlo più contemporaneo e all’improvviso avevo pensato a una parola, “wide-screen”, che ho usato in “wide-screen sky”, che dava lo stesso tipo di impressione che avevo creato nella mia prosa, la realtà dei ragazzi era colorata da ciò che avevano visto in tv e letto, ma soprattutto visto in tv. Questo produceva lo stesso effetto, indirettamente. Rappresentava una rottura con la descrizione lirica e poetica della natura, avevo pensato, e quando lessi la poesia ad alta voce agli altri mi sembrò avere quella funzione. Fosse, che indossava una camicia bianca con le maniche rimboccate e jeans, barba incolta sul mento e borse scure sotto gli occhi, non studiò la poesia subito dopo che l’avevo letta, come aveva fatto con alcuni degli altri, ma andrò dritto al punto. Disse che gli piaceva Astrup, e che ero sono stato il primo a scegliere un suo dipinto, lo aveva fatto anche Olav H. Hauge. Poi cominciò con la poesia. La prima riga, disse, è un cliché, puoi cancellarla. Anche la seconda riga è un cliché. E la terza e la quarta. L’unico valore di questa poesia, ha detto dopo aver rifiutato ogni singolo verso, è l’espressione “wide-screen sky”. Non l’ho mai vista prima. Puoi tenerlo. Il resto lo puoi togliere. “Ma allora della poesia non è rimasto più nulla”, dissi. “No”, rispose lui. “Ma la descrizione della natura e il tuo entusiasmo per essa sono cliché. Non c’è nulla della mistica di Astrup nella tua poesia. Lo hai completamente banalizzato. Ma “”wide-screen sky”, come ho detto, non è male”. Alzò lo sguardo. “Allora è tutto. Qualcuno vuole venire a bere una birra da Henrik?”».
I due autori condividono anche la stessa traduttrice in lingua italiana, Margherita Podestà Heir. Di suo La Nave di Teseo ha pubblicato Mattino e sera, L’altro nome e le prime due parti della Settologia, un’opera maestosa composta da sette parti riunite in più volumi per un totale di oltre 1500 pagine. Il protagonista della storia, che procede per flashback, è un pittore che vive isolato su un fiordo della Norvegia occidentale. Chi l’ha letto racconta che l’intero testo è privo di punti, ci sono soltanto virgole.
La pubblicazione del secondo libro della Settologia (parti III e IV) per la Nave di Teseo esce in libreria il 10 ottobre col titolo Io è un altro (cit. Rimbaud). Commentando il Nobel, Elisabetta Sgarbi ha voluto ricordare che Fosse è entrato a far parte degli autori Nave di Teseo grazie all’agente letteraria Barbara Griffini. Tra gli altri titoli di Fosse tradotti in italiano ci sono Melancholia e Insonni (entrambi Fandango), Saggi gnostici e Caldo (entrambi Cue Press). Oltre al lavoro teatrale e letterario, Fosse è anche traduttore: ha infatti tradotto in norvegese il romanzo The Fields (Le pianure) dell’australiano Gerhald Murnane (anche lui favorito al Nobel), di cui pare sia un grande ammiratore. Fosse è stato premiato: «Per le sue opere teatrali e di prosa innovative che danno voce all’indicibile».