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È uscito il primo trailer del documentario su Joyce Carol Oates in lavorazione da 16 anni

31 Luglio 2023

La leggenda vuole, come riporta Dan Sheehan su Literary Hub,  che dei sedici anni che Stig Björkman ci ha messo per completare il suo documentario su Joyce Carol Oates A Body in the Service of Mind, nove il regista li abbia passati a proporre a Oates idee per il documentario che lei puntualmente rifiutava. Pare che i due, amici di lungo corso, si siano trovati d’accordo solo su una cosa: la perfetta voce narrante del film sarebbe stata l’attrice Laura Dern. È stato più facile convincere Dern a narrare la vita di Oates che convincere Oates a permettere che qualcun altro raccontasse la sua vita. Sedici anni di rifiuti, di correzioni, di ripensamenti, fino al 2021, anno in cui Björkman è finalmente riuscito a presentare il suo film, portandolo in anteprima mondiale al Telluride Film Festival.

Siccome i tempi di produzione non erano stati già abbastanza lunghi, ci sono voluti altri due anni per trovare un distributore e vedere finalmente il primo trailer del film, uscito in questi giorni. La promessa di Björkman è di raccontare «gli eventi che hanno influenzato Oates e la sua scrittura: dalle proteste di Detroit negli anni Sessanta all’Incidente di Chappaquiddick, passando per la vita di Marilyn Monroe». A distribuire il film sarà Greenwich Entertainment, i cui piano prevedono l’arrivo nelle sale e sulle piattaforme streaming nello stesso giorno, l’8 settembre. Il co-presidente di Greenwich Entertainment Edward Arentz ha spiegato che anche il documentario riserverà sorprese anche per i conoscitori e gli amanti dell’opera di Oates, soprattutto nella parte dedicata alla gioventù della scrittrice. «Oates è patrimonio nazionale americano, un cliché che di sicuro a lei farebbe orrore ma che resta, nel suo caso, la più precisa delle descrizioni».

In attesa di vedere il documentario anche in Italia –una data di distribuzione per il nostro Paese ancora non è stata annunciata – il consiglio è di rileggere Joyce Carol Oates. O guardare Blonde, adattamento del romanzo omonimo. O studiare approfonditamente il suo profilo Twitter, una delle poche meraviglie rimaste sul social ora noto come X.

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