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In Israele si sta discutendo di “spegnere” Al Jazeera
Come riportato da Reuters il 15 ottobre, in Israele si sta discutendo della possibilità di bloccare le trasmissioni di Al Jazeera nel Paese. Secondo le autorità israeliane, Al Jazeera avrebbe fin qui raccontato il conflitto israelo-palestinese appoggiando Hamas e mettendo a repentaglio la vita dei soldati israeliani. La proposta di chiusura era stata sottoposta al vaglio delle autorità competenti e, stando a quanto scritto oggi su Middle East Eye, sarebbe prossima all’approvazione: il ministro della Giustizia e quello delle Telecomunicazioni israeliani, Gali Baharav-Miara e Shlomo Karhi, avrebbero completato la stesura di una serie di misure di emergenza tra le quali è presente anche la fine della trasmissione in Israele di Al Jazeera.
Al Jazeera TV broadcasted live the launch of the rocket by Islamic Jihad which hit a hospital and killed 300+ Palestinians. pic.twitter.com/Buvq8im1h8
— Emily Schrader – אמילי שריידר امیلی شریدر (@emilykschrader) October 17, 2023
Di Al Jazeera in queste ore si sta parlando molto anche per un filmato che sui social è stato raccontato come trasmesso durante una recentissima diretta del network panarabo. Secondo alcuni, questo filmato sarebbe la prova che il missile che ha colpito l’ospedale Al-Ahli di Gaza City, uccidendo centinaia di civili palestinesi secondo le prime fonti, sarebbe partito proprio da Gaza. Il missile sarebbe stato lanciato, secondo questa versione dei fatti, da terroristi di Hamas o di Jihad islamica (questo punto non è ancora stato chiarito) e ha colpito l’ospedale per un errore loro o un malfunzionamento dell’ordigno. Il video è stato diffuso inizialmente da un profilo social che si presentava come il profilo in lingua araba delle Forze di difesa israeliane e da una giornalista di Al Jazeera di nome Farida Khan. Il giornalista della Bbc Shayan Sardarizadeh ha poi verificato che quell’account delle Forze di difesa israeliane non è in nessun modo collegato all’esercito del Paese e che Farida Khan non lavora per Al Jazeera e forse non esiste affatto (nel frattempo, il profilo X della “giornalista” è sparito). Il video di cui tanto si parla, invece, risalirebbe al 2022.
Thread: Online misinformation about the Israel-Hamas conflict – Day 12
This "IDF in Arabic" Facebook post, now deleted, was widely shared after the tragic scenes at Gaza's al-Ahli hospital.
But that's not the the official IDF Facebook page in Arabic, run by Avichay Adraee. pic.twitter.com/Gwo1YGeVEr
— Shayan Sardarizadeh (@Shayan86) October 18, 2023
Diversi media (potete leggerne qui, qui e qui) in queste ore hanno rilanciato la conferenza stampa in cui un portavoce delle Forze di difesa israeliane confermava questa versione dei fatti, portando come prova l’intercettazione di una conversazione in cui due membri di Hamas parlano del missile che ha colpito l’ospedale e confermano che si tratta di un missile lanciato da Gaza, probabilmente da degli appartenenti a Jihad islamica. La discussione attorno al video di Al Jazeera e all’autenticità dell’audio diffuso dall’esercito israeliano è solo una parte dell’immensa confusione alla quale stiamo assistendo in questi giorni e in particolare nelle ore successive alla strage dell’ospedale Al-Ahli. Uno delle incarnazioni di questa confusione è diventato Hananya Naftali, collaboratore del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che, subito dopo la notizia della distruzione dell’ospedale, aveva rivendicato su X/Twitter la paternità israeliana di quell’attacco, per poi cancellare tutti i post relativi all’accaduto. Solo dopo molti hanno scoperto che Naftali è una fonte tutt’altro che attendibile: twittatore seriale, amante della shitstorm, non è neanche un collaboratore così vicino a Netanyahu e certamente non è così vicino all’inner circle del presidente israeliano da avere a disposizioni informazioni così veloci e così precise sulle operazioni dell’esercito.
Da tutta questa storia, e da tutta la discussione sulla guerra che da giorni procede incessante sui social, si può trarre ormai solo la certezza espressa dallo scienziato politico Ian Bremmer: «In mezzo alla nebbia della guerra, nel pieno dell’età della disinformazione, i social media ci dimostrano un fatto: nessuno sa più cos’è la verità».