Tutti vogliono sapere come sia stato possibile riuscire a non interrompere mai le riprese di ogni episodio.
Sterminiamo gli orsi
Un estratto dal libro Interventi di Michel Houellebecq, appena uscito per La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi.

Qualche estate fa, verso metà luglio, al telegiornale delle venti, il presentatore annunciò che una sonda americana aveva appena scoperto tracce di vita su Marte. Nessun dubbio: le molecole, risalenti a centinaia di milioni di anni fa, delle quali si era scoperta la presenza, erano molecole biologiche; ed erano molecole incontrate, fino ad allora, solo in organismi viventi. Questi organismi, nel caso specifico, erano batteri, verosimilmente archeobatteri metanici. Una volta comunicata l’informazione, il presentatore passò ad altro; era chiaro che l’argomento lo interessava meno della Bosnia. Una copertura mediatica così minuscola, dipende, a quanto pare, dal carattere molto poco spettacolare della vita batterica. Il batterio, in effetti, conduce un’esistenza tranquilla. Cresce assumendo dall’ambiente nutrimenti semplici e poco variati; poi si riproduce, abbastanza monotonamente, per divisioni successive. I tormenti e le delizie della sessualità gli restano sconosciuti per sempre. Fino a che le condizioni restano favorevoli, continua a riprodursi (Yahweh gli concede visibilmente i suoi favori, e le generazioni sono numerose); poi muore. Nessuna ambizione incontrollata viene a turbare il suo percorso limitato e perfetto; il batterio non è un personaggio balzachiano. Può certo accadere che esso conduca la sua tranquilla esistenza dentro un organismo ospite (per esempio quello di un bassotto tedesco), e che l’organismo in questione ne soffra, o ne sia radicalmente distrutto; ma il batterio non ne ha la minima coscienza, e il morbo di cui è l’agente attivo si sviluppa senza intaccarne la serenità. Di per sé, il batterio è irreprensibile; ed è pure perfettamente privo d’interesse.
L’avvenimento in sé però restava. Su un pianeta vicino alla Terra, delle macromolecole biologiche erano riuscite a organizzarsi, a elaborare vaghe strutture autoriproduttive composte da un nucleo primitivo e da una membrana poco conosciuta; poi tutto si era fermato, probabilmente sotto l’effetto di cambiamenti climatici; la riproduzione era diventata sempre più difficile, fino a che non si era interrotta del tutto. La storia della vita su Marte appariva certo una storia modesta. Tuttavia quel miniracconto di un fallimento un po’ sottotono contraddiceva con forza tutte le costruzioni mitiche o religiose da cui l’umanità tradizionalmente si sente appagata. Non c’era alcun atto unico, grandioso e creatore; non c’era alcun popolo eletto, e nemmeno una sorta di pianeta eletto. C’erano, un po’ ovunque nell’universo, solo tentativi incerti e in genere poco convincenti. Il tutto, per giunta, di una snervante monotonia. Il Dna dei batteri ritrovati su Marte era esattamente identico al Dna dei batteri terrestri; questa constatazione in particolare mi fece sprofondare in una diffusa tristezza, al pensiero che un’identità genetica così radicale prefigurasse terribili convergenze storiche. Il batterio, insomma, faceva già presagire il tutsi o il serbo; in sostanza, tutta quella gente che si perde in conflitti tanto fastidiosi quanto interminabili.
Se non altro, la vita su Marte aveva avuto l’ottima idea di arrestarsi prima di combinare grossi guai. Ebbene, incoraggiato dall’esempio marziano, ho iniziato la stesura di un rapido proclama per lo sterminio degli orsi. Al tempo, sui Pirenei, era stata trasferita una nuova coppia di orsi, con grave malcontento degli allevatori di pecore. Una simile ostinazione a richiamare dal nulla quei plantigradi aveva in effetti qualcosa di malsano; e naturalmente l’iniziativa era appoggiata dagli ecologisti. Avevano prima liberato la femmina, poi, a pochi chilometri di distanza, il maschio. Tipi assolutamente ridicoli. Senza alcuna dignità.
Quando ho manifestato il mio progetto di sterminio degli orsi alla direttrice aggiunta di una galleria d’arte, lei mi ha opposto un argomento originale, di natura diciamo culturalista. L’orso, a suo avviso, doveva essere salvaguardato, in quanto appartenente a una memoria culturale molto remota dell’umanità. Le due più antiche rappresentazioni artistiche conosciute raffigurano infatti un orso e un sesso femminile. Le datazioni più recenti sembravano persino assegnare una leggera anteriorità all’orso. Il mammut, il fallo? Roba successiva, di gran lunga successiva; non si poteva nemmeno metterlo in discussione. A fronte di un’argomentazione tanto autorevole mi sono inchinato. E allora via, avanti con gli orsi! Per le vacanze estive raccomando Lanzarote, che è molto somigliante al pianeta Marte.
Trad. di Sergio Arecco
© 2022 La nave di Teseo editore, Milano