Dopo molti anni e ancora più ripensamenti, ho ricomprato le Birkenstock. La notizia, già di per sé rilevante, acquista ulteriore interesse se iscritta nell’ampia fenomenologia del sandalo o ciabatta o insomma quellarobalì da uomo, giunto dalla notte dei tempi fino a noi. Posto che il maschio non dovrebbe mai avviarsi a piedi scoperti, qualcosa nell’evoluzione della specie è evidentemente andato storto, bisogna farci i conti e amen.
Dunque ho comprato le Birkenstock, di nuovo. E anche questo basterebbe a rendere il dato rilevante. Di nuovo. Perché c’è stato un momento in cui sembrava che la selezione naturale avesse fatto il suo giusto corso. Per anni il sandalo da uomo è stato dimenticato, o quantomeno confinato dentro categorie che tutto rappresentavano ma di certo non un riferimento nei colonnini di lifestyle cosiddetto. I montanari che andavano a passeggiare d’estate per le valli (il sandalo tecnico con gli strappi). I turisti crucchi che bastava ciò che sceglievano di mettersi ai piedi a definirli (il sandalo tedesco, non necessariamente Birkenstock, il più delle volte con calzino). I nerd diffusi, ma prima che pure i nerd tornassero di moda (il sandalo random, perché è comodo e i piedi non sudano: ai nerd solitamente sudano parecchio). Certi tentativi di nicchia omosessuale (il sandalo minimal alla greca, per dirne uno) sono rimasti appunto di nicchia omosessuale, e non si è mai sentita la necessità di discutere un decreto legge Cirinnà sulle calzature.
E allora perché è successo? Primo: per decenni si è detto alle signore: state comode, liberatevi delle divise, mettete giacche destrutturate e gonnelloni. All’uomo restava solo la maledetta scarpa a imprigionare la libertà di cui per il resto ha sempre goduto: anche la moda, si sa, è sessista. Gli restava solo di dire finalmente addio a scarpe e calze (la Merkel coi suoi s’era portata avanti). Secondo: anche se era dura accettarlo, i sandali da uomo purtroppo già esistevano, ed esistevano nel modo più sbagliato: i montanari, i nerd, gli eccetera di cui sopra. Era ora di riappropriarsi di quel che di buono potevano offrire. La Birkenstock classica è diventata il simbolo ufficiale, lo «yes we can» della scarpiera dell’uomo contemporaneo (ovvero “lei si può fare, tutto il resto è e deve restare ancora vietato”), lo spartiacque tra modelli improponibili da negozio sportivo al centro commerciale e feticci altrettanto importabili da sfilata di lusso.
Poi, certo, come sempre ne sdogani uno e si scoperchiano dieci vasi di Pandora. Oggi si vedono uomini andare in giro con quei sandali tutti intrecciati davanti, quelli che mettevano i calabresi all’epoca del brigantaggio. E lo strapotere delle infradito in spiaggia ha espugnato anche certe città, all’arrivo dei primi caldi. Restiamo noi portatori di Birkenstock, a dire che cosa si può fare. Ma è impresa durissima. Se alluce scoperto dev’essere, che il cerchio della storia del costume ci riportasse all’età della pietra, quando si andava in giro direttamente scalzi. Dopotutto #freethefoot non sarebbe un hashtag bellissimo, sotto le fotine di piedi su Instagram?