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Il 2021 ha il suo genere musicale: si chiama hyperpop

La playlist ideale della pandemia è fatta da musicisti che probabilmente non avete ancora sentito nominare come i 100 gecs e glaive.

24 Marzo 2021

Il 18 marzo 2021, 6 anni dopo la sua nascita, il canale Youtube di musica per studiare e rilassarsi Chilled Cow ha annunciato che avrebbe cambiato nome: adesso si chiama “Lofi Girl”, che in realtà è come lo chiamavano tutti fin dall’inizio. Perché, come raccontavamo qui un anno fa, entusiasti della nostra scoperta – durante il primo lockdown gli ascolti del canale sono saliti alle stelle – la protagonista della misteriosa radio che trasmette 24 su 24 melodie malinconiche e rilassanti, totalmente prive di ritornelli e di parole, è l’ormai leggendaria ragazzina della gif che accompagna la musica. Basta guardarla per sentirsi meglio. È seria, studiosa, scrive scrive scrive in compagnia di un gattone. Ogni tanto si distrae, guarda un attimo fuori dalla finestra, poi torna al lavoro. È il ritratto di noi nel primo lockdown, o meglio, di come ci sarebbe piaciuto affrontarlo: organizzati, operosi, determinati, pronti a cogliere l’occasione per sfornare quel libro che tenevamo nel cassetto da anni, oppure, i più furbi, inaugurare una bella newsletter (o un podcast, o ancora meglio un account su onlyfans). La musica della Lofi Girl era la colonna sonora di una promessa, quella di uscirne migliori: più saggi, arricchiti dalla quantità di classici letti e film d’autore guardati, illuminati dalle ore passate a riflettere sui massimi sistemi.

Se la Lofi Girl è una versione di noi idealizzata, migliorata, auspicabile, l’hyperpop è la dura realtà. Gran parte di quelle ore in realtà le abbiamo passate scrollando video in cui uomini, donne, adolescenti e animali fanno i dementi senza neanche più la forza di ridere, ordinando su Glovo e annullando l’ordine per quattro volte consecutive, chattando con gente che non sentivamo da anni (e c’era un motivo), riguardando per la nona volta tutte le stagioni Gossip Girl pur di continuare a ignorare i film proposti da Mubi, dicendo “dormo un’oretta sul divano” subito dopo pranzo e risvegliandoci già al buio, arricchiti dall’esperienza di incubi iperrealistici, orrendi e deliranti. Siamo tutti isterici, pazzi e anche molto fastidiosi. Ci lamentiamo in continuazione e ci abbandoniamo volentieri all’autocommiserazione, anche pubblica, magari in forma di mitragliate di meme pubblicate nelle storie di Instagram. Ci sentiamo tutti importanti, sfortunati testimoni di un evento epocale, anche se molti di noi l’hanno comodamente vissuto dal loro divano, elargendo battutine acide su varie piattaforme social. Ecco, se questo nostro modo nevrotico, disordinato e autoindulgente di fare schifo senza mai disconnetterci da internet fosse un genere musicale, sarebbe l’hyperpop.

Dazed ha appena dedicato al fenomeno un bell’articolo che parte dalle sue origini, in realtà non così recenti. Secondo Gunseli Yalcinkaya, l’hyperpop è il nuovo sound per il mondo post-pandemia. Per chi si sta chiedendo che cos’è: scoprirlo è molto semplice, basta ascoltare il primo brano dell’omonima playlist su Spotify, che è l’inventore del termine-contenitore che abbraccia un genere abbastanza vario (pesca dappertutto: dall’hiphop all’elettropop al nu-metal) di musichette fastidiose, disturbate e disturbanti, che sembrano provenire da videogioco rotto, impazzito e drogato o da una sequela di video musicali di TikTok pieni di glitch. A livello mainstream si possono citare Charli XCX e Rina Sawayama, ma i più rappresentativi sono sicuramente i 100 gecs, il duo composto da Dylan Brady e Laura Les, ventenni del Missouri (la prima canzone da solista di Les, “Haunted” è uscita pochi giorni fa) e glaive, sedicenne del North Carolina che ha esordito all’inizio della pandemia ma è già di culto.

Il termine hyperpop viene usato per la prima volta nel 2014 per descrivere il pop elettronico di PC Music, l’etichetta sperimentale del produttore e cantautore britannico A.G. Cook. Nelle parole di Yalcinkaya di Dazed: «Sfumando i confini tra la camera da letto e la produzione professionale in studio, l’approccio democratico dell’etichetta – secondo cui chiunque può fare musica sul proprio laptop – ha messo in discussione le nozioni di chi potrebbe e non potrebbe essere una pop star. La capacità di Cook di assorbire praticamente qualsiasi influenza – sottogeneri come nightcore, europop anni ’90, happy hardcore, eskibeat, K-pop, J-pop, vocaloid e 8-bit – ha preso in giro le tendenze ultra-serie della musica elettronica underground». L’hyperpop è la musica perfetta per il periodo che stiamo vivendo, ma l’approccio “musica virale fatta in casa” circolava già da un po’: due di quegli adolescenti chiusi in camera a smanettare e cantare da soli sono diventati Billie Eilish (e suo fratello) e il nostro bravissimo Tha Supreme.

I 100 gec citano proprio PC Music come la loro influenza più significativa. Esplosi nel 2019 con l’album di debutto 1000 gecs, suonavano insieme dal 2015: la canzone “money machine”, uno sfogo di 1 minuto e 54 che mescola electro-rock, rap e voci modificate e robotiche (una costante dell’hyperpop, anche se Les ha citato l’essere transgender come motivazione principale della sua esplorazione di diversi stili di canto, comprese le vocine accelerate “nightcore style”), che ha ottenuto oltre 40 milioni di ascolti su Spotify. In risposta al successo virale del duo, Spotify ha lanciato una playlist hyperpop e ha chiamato proprio loro per curarla. Ascoltandola ho avuto una visione (chiaro sintomo di esaurimento nervoso): ho visualizzato un iPhone che, esausto di essere maneggiato e toccato e tormentato dalle dita di un umano, durante la notte, per sfogarsi e vendicarsi, canta e suona una musica cacofonica ma allo stesso tempo disperata e bellissima. La playlist dura 5 ore e 32 minuti e fa sembrare la Lofi Girl – con quella sua malinconia tutta europea, e il look un po’ sfigato, e la stanza piena di cianfrusaglie, e la penna in mano – una povera Millennial.

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