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Gli arresti di San Valentino in Malesia

14 Febbraio 2012

Si chiama “khalwat”, la community online Orient Expat lo traduce con “close proximity”. In pratica, stretta vicinanza di due persone di sesso opposto (in luogo isolato e non sposati), ed è una pratica vietata dalla Sharia. Per questo, il San Valentino per molti giovani malesi non sposati è finito in un commissariato, arrestati dalla Polizia Morale Islamica. I raid in parchi pubblici e hotel economici sono iniziati già ieri mattina, sia nella capitale Kuala Lumpur che a Selangor (uno dei tredici stati malesi), in seguito a un appello delle autorità religiose della scorsa settimana chiamato, in inglese, Mind the Valentine’s Day Trap. Chiaramente, il 14 febbraio è identificato come sinonimo di attività viziose, quindi contrario alla moralità islamica.

L’avversione della Malesia al giorno di San Valentino risale al 2005, quando la commissione governativa per le sentenze religiose bandì le celebrazioni con le seguenti motivazioni, tratto dal portale e-fatwa (sì, esiste davvero):

The 71st Muzakarah (Conference) of the Fatwa Committee of the National Council for Islamic Religious Affairs Malaysia held on 22nd-24th November 2005 has discussed the ruling on Muslims celebrating Valentine’s Day. The Conference decided that the teachings of Islam stress on love and there is no specific day in Islam to celebrate it.

Therefore, The Conference decided that the practice of celebrating Valentine’s Day is not part of Islam. The spirit of the celebration contains elements of Christianity and its practice that is mixed with sinful acts is prohibited and contradicts with Islam.
Già ottanta persone, stando alle dichiarazioni ufficiali, sono state arrestate nel solo Selangor, mentre nella capitale sono stati arrestati, pare fin’ora, sedici giovanissimi musulmani.
Ma la Malesia non è sola. Come segnala Anna Mazzone, anche in Egitto non si respira aria migliore: i salafiti sono scesi in piazza per protestare contro “un’eresia che non affonda le sue radici nell’Islam”, stando alle parole del portavoce Abu Hussam al-Bukhaari.
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