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Perché ci dà fastidio ascoltare la nostra voce

12 Luglio 2018

Da quando abbiamo cominciato a scambiarci i messaggi vocali è ancora più evidente. Certo, non capita proprio a tutti: esistono persone che adorano riascoltarsi, ridendo perfino delle loro stesse battute. Ma ce ne sono anche altre che riascoltano i messaggi vocali appena inviati per una sorta di perversione masochistica, disgustati dalla propria voce. Niente di grave, rassicura il Guardian. Non amare il suono della propria voce, o addirittura odiarlo, non è per nulla strano, tanto che c’è addirittura un termine per descrivere questo fenomeno: “voice confrontation”.

Perché il conflitto vocale è così frequente? Una spiegazione comune si basa sul fatto che normalmente ci ascoltiamo parlare anche dall’interno: oltre a ricevere il suono della nostra voce attraverso l’aria che raggiunge le nostre orecchie (proprio come gli altri), la sentiamo anche internamente, trasmessa attraverso le ossa. Le onde della nostra voce viaggiano attraverso la struttura ossea con frequenze molto basse: è per questo motivo che quando sentiamo la nostre voce registrata ci appare diversa, solitamente troppo alta e stridula.

Alcune ricerche hanno però dimostrato che esistono anche altri motivi. Uno studio del 2013, ad esempio, ha proposto a diverse persone di valutare l’attrattiva di diversi campioni vocali registrati. Quando la loro stessa voce è stata segretamente mescolata con questi campioni, i partecipanti le hanno conferito un voto decisamente più alto, proprio perché non l’avevano riconosciuta come propria. Un altro studio risalente al 1966 rivela che la voce registrata ha la capacità di rivelare sfumature emotive delle quali potremmo non volerci rendere conto, come tristezza, ansia, rabbia, indecisione. Non è solo un problema di tono, quindi, ma anche di percezione psicologica. Queste scoperte sono abbastanza consolanti: forse la nostra voce non è poi così orribileSemplicemente, da una parte fatichiamo a riconoscerla come nostra, e dall’altra temiamo riveli troppo di noi.

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