È stato scoperto un nuovo pianeta abitabile, solo che in una metà è sempre giorno e nell’altra sempre notte
Questo mese un gruppo di scienziati provenienti da diversi Paesi ha pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics una ricerca riguardante un esopianeta chiamato Wolf 1069b. Nel paper si legge che il pianeta si trova molto vicino alla Terra – soltanto 31 anni luce di distanza, il sesto esopianeta teoricamente abitabile in termini di vicinanza al nostro – ha più o meno le stesse dimensioni e si trova a una distanza dal suo Sole che rende possibile la presenza sulla superficie di acqua allo stato liquido. Secondo le simulazioni realizzate con i computer, però, c’è una differenza abbastanza sostanziale tra Wolf 1069b e la Terra: sull’esopianeta, infatti, non esiste l’alternanza tra il giorno e la notte, nel lato esposto alla luce del Sole è sempre giorno e nell’altro sempre notte. Per questo motivo, gli astronomi che lo hanno scoperto e che hanno iniziato a studiarlo si dicono certi che se davvero il pianeta si dimostrasse abitabile, la vita umana sarebbe sostenibile solo nel lato esposto al Sole.
Avi Loeb, astronomo e accademico di Harvard, ha spiegato a Salon che Wolf 1069b ricorda molto Proxima Centauri b, l’esopianeta abitabile più vicino al nostro sistema solare. Il fatto che Wolf 1069b abbia la capacità di sostenere la vita umana lo si deve alle ridotte dimensioni della stella più vicina: il Sole dell’esopianeta, infatti, è più piccolo del nostro. Se le dimensioni delle due stelle fossero le stesse, la temperatura sulla superficie di Wolf 1069b sarebbe incandescente: prendendo come metro di paragone la distanza tra la Terra e il Sole, l’esopianeta si trova circa quindici volte più vicino alla sua stella. Stella che, però, emette il 65 per cento del calore in meno.
La certezza che Wolf 1069b ancora non c’è, però. Sempre a Salon, Loeb ha detto che le atmosfere di questi pianeti sono solitamente più “fragili” di quella terrestre, quindi più prone a essere danneggiate dal vento stellare, per esempio. «Se l’atmosfera viene danneggiata, l’acqua allo stato liquido presente sulla superficie del pianeta evapora. […] È quello che è successo agli oceani che erano presenti sulla superficie di Marte prima che perdesse la sua atmosfera». Idealmente, il prossimo passo nello studio dell’esopianeta sarebbe una ricerca di biofirme, cioè di una qualsiasi sostanza che dimostri che nel presente o nel passato la vita lì è esistita. Al momento, però, non esiste la tecnologia necessaria: «Per questo dovremo aspettare probabilmente ancora dieci anni», ha detto Diana Kossakowski, astronoma della Società Max Planck e prima firmataria dello studio pubblicato su Astronomy & Astrophysics.