Cose che succedono | Esteri

Il dittatore di El Salvador ha detto agli Stati Uniti di mandargli i loro detenuti

Chi crede che la cooperazione internazionale sia morta dovrà ricredersi. Il presidente di El Salvador Nayib Bukele – autodefinitosi “il dittatore più figo del mondo” – tende una mano verso gli Stati Uniti e dice: «Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata». Più o meno. La frase che avete appena letto è sono della poetessa Emma Lazarus e sono incise alla base della Statua della Libertà. Bukele ha detto una cosa simile: «Mandatemi i vostri criminali condannati con sentenza passata in giudicato (inclusi i cittadini americani) e noi li rinchiuderemo nella nostra megaprigione (Cecot) previo compenso». Lo ha detto davvero, ovviamente su X.

La proposta segue la visita del neo Segretario di Stato americano Marco Rubio in El Salvador: a nome degli Stati Uniti, Rubio si è detto «molto grato» a Bukele, sottolineando come sia la prima volta che un Paese si produce in una tale dimostrazione di amicizia. Se non è mai successo prima un motivo ci sarà, ma questo non sembra più di tanto impensierire Rubio. Bukele, tra l’altro, è uno che sulla lotta alla criminalità organizzata ha costruito buonissima parte del suo consenso popolare. La sua battaglia contro le gang MS-13 e Tren de Aragua è stata raccontata dai giornali di tutto il mondo: per i risultati che ha portato (innegabili ma non indiscutibili) e per la brutalità con la quale è stata condotta (arresti e carcerazione di massa, processi sommari, detenzioni che rispettano poco e nulla i diritti umani). Certo, la guerra alla criminalità ha un costo e ha un costo pure tenere aperto e funzionante una delle più grandi prigioni del mondo. E arriviamo a quella fee di cui Bukele scrive nel post X: sarebbe una cosa poco più che simbolica per gli Stati Uniti ma sostanziale per El Salvador, che così renderebbe «sostenibile» il suo sistema carcerario. Economicamente, che è l’unica cosa di cui Bukele sembra preoccuparsi.