Con oltre 28 miliardi di visualizzazioni, #BookTok è un nuovo modo di raccontare quella vecchia cosa che sono i libri, puntando soprattutto sui sentimenti (e piace moltissimo alle case editrici).
Io non ho niente contro i secchioni. Se per «secchione» intendiamo una persona che a scuola e all’università ha sempre avuto una media alta, potrei pure dire di appartenere alla categoria. I film americani però ci hanno insegnato che ai secchioni si ruba la merenda, li si sbatte contro l’armadietto e si lanciano minacce in doppiaggese, «guardati le spalle, amico».
La scuola pubblica italiana, invece, ci ha insegnato che chi fa la spia non è figlio di Maria e che bisogna sempre diffidare dai cocchi di mamma: forse è tutta qua, la differenza sostanziale che intercorre tra un secchione e una persona che studia e legge molto, l’adulazione che il primo esercita sull’autorità, che sia una maestra, un professore, un insegnante di qualsiasi tipo che dimostra, a sua volta, la predilezione per il bravo studente, diligente e rispettoso, puntuale e preciso, quello che non ti passerebbe mai la versione sottobanco perché la lezione te la vuole dare lui, prima ancora che Cicerone, lo stesso che alza la mano per ricordare che da correggere ci sono ancora dieci esercizi.
Dell’ottimo content
Quanto conta, nell’intolleranza verso i secchioni, il rapporto che questi hanno con il potere? Che sia questo il corpo docenti o i direttori di quotidiani. Perché, e qua si comincia a snocciolare il vero punto della questione, l’irritazione che mi provoca Edoardo Prati, mi rendo conto, ha radici più profonde e complesse del semplice «mi sta sulle scatole uno nato dopo l’11 settembre che parla come Raffaello Tonon e si atteggia come un personaggio di The Dreamers che ha dato 12 cfu in filologia romanza».
E badate bene, so di essere in netta minoranza rispetto a chi invece al contrario lo trova un personaggio sano e benefico per la cultura di questo Paese, quella con cui non si mangia ma con cui si possono fare comunque dei reel per Instagram di tutto rispetto, spettacoli a teatro in tour per l’Italia e podcast di vario genere, in altre parole: dell’ottimo content. So di essere in minoranza persino con me stessa, nel caos dei miei pensieri, perché in quanto semi-secchiona, laureata in una facoltà umanistica, in quanto esponente della specie a rischio degli umanisti dovrei sentirmi lusingata dal fatto che un ragazzo di ventuno anni sia riuscito a rendere lettere e filosofia great again. Eppure, c’è qualcosa che stride, un po’ come una affricata labiodentale sorda.
Si potrebbe cominciare dalla forma. Edoardo Prati, che in questa analisi diventa simbolo di un sistema contemporaneo più che un ragazzo indubbiamente brillante, precoce e istrionico, contiene in sé tutto l’assetto performativo del postmoderno, in ciò che potremmo chiamare, senza dare giudizio di valore ma restando su una pura constatazione, un cosplayer dell’intellettuale. Di cosplayer, oggi, è pieno il mondo: non più confinati tra le mura medievali di Lucca, nell’era della riproduzione dell’oggetto che supera e fagocita la produzione dell’oggetto, anche rappresentarsi mentre si leggono i libri può avere un valore più allettante di leggerli davvero; del resto, internet abbonda di book influencer che mettono assieme deliziosi quadretti esteticamente appaganti attorno ai libri che forse leggono, di sicuro non li leggo io che li vedo tra le rose bianche, le tisane e i gatti a pelo lungo.
Dunque, Prati, con la voce impostata, la dizione da vecchio teatrante gassmaniano, il riccio incolto, gli occhialetti da esistenzialista e i completi marroni che fanno un baffo ad Achille Occhetto, ha creato un personaggio – che sono sicura coincida anche con la persona – a prova di algoritmo. Prati il secchione dandy, il Barbero di TikTok, come qualcuno lo ha definito, il ragazzo che tutte le professoresse democratiche vorrebbero trovarsi in classe per sentirlo leggere a voce alta i Sonetti di Leopardi, versione aggiornata degli enfant prodige padani col papillon che infestavano gli studi di Mike Bongiorno a Genius.
I dolori del giovane Edoardo
La posa da cosplayer del letterato potrebbe già di per sé essere una buona ragione per dire Edoardo Prati non mi fa impazzire. Ma facendo un po’ di close reading del personaggio, visto che siamo in ambito letterario, e visto che l’indagine sul fastidio che mi provoca è più un’analisi introspettiva, è giusto addentrarsi anche nel contenuto. In particolare, più che sui tanti reel di Prati sulla scia del suo curate ut valeatis, c’è la risposta a una domanda in un’intervista a Vanity Fair che mi pare piuttosto esemplificativa del Prati-pensiero, che è comunque il pensiero di una persona nata nel 2004 che, senza nulla togliere ai giovani, forse si può definire un po’ acerbo.
Alla domanda «Come sceglie quel che legge?», Prati risponde: «La letteratura, in genere, vive dell’immedesimazione. Io leggo I dolori del giovane Werther fintanto che riesco a essere Werther mentre leggo. Quando inizio a non essere più Werther, smetto di leggere». Insomma, se Goethe valga la pena di leggerlo o no lo stabiliamo in base a quanto sia relatable, così come tutte le altre opere letterarie che possiamo trasporre sul nostro feed in forma di carosello o di qualche estratto da utilizzare per la ricorrenza del giorno, in modo che diventi attuale, altra parola fondamentale del presente.
Dove vai se l’ermeneutica iper-soggettivista non ce l’hai, soprattutto se funzionale a un universo di performance quotidiana che basa tutto sul sé e sull’autorappresentazione: il mio profilo Instagram, il mio reel, la mia faccia, la mia fotocamera frontale, il mio rapporto con Werther, la mie affinità elettive, la mia Liguria. Risi diceva a Moretti di spostarsi dall’inquadratura così poteva vedere il suo film, io direi spostiamoci da davanti al libro così lo possiamo leggere davvero.
Stupor mundi per baby boomer
Ma c’è ancora un ultimo punto, forse il più importante. Un punto che torna all’inizio della riflessione, sul concetto di secchione in relazione al suo rapporto col potere, probabilmente anche involontario, nella misura in cui certe cose, nel ventunesimo Secolo, semplicemente capitano quando ti metti una webcam davanti e un papillon. Nel giro di pochissimo tempo, Prati si è trovato a essere un interlocutore alla pari di chi presiede due dei contesti culturali e mediatici più importanti che abbiamo: Repubblica e Fabio Fazio. Al netto delle conclusioni che si possono trarre dalla valutazione degli spazi di dibattito mainstream, chiamiamolo così, ma comunque di sinistra, diciamo così, Prati è stato sussunto, per non dire fagocitato, dall’industria in tempi record.
La generazione dei Serra e dei Fazio, dei Vecchioni e degli Augias, residui novecenteschi di una certa manifestazione intellettuale di massa, insomma, i potenti, i professori, i presidi, è impazzita all’idea di avere un esponente delle nuove generazioni. Questi personaggi molto influenti, con anni e anni di carriera alle spalle, non vedevano l’ora di avere un Edoardo Prati che ci parla delle parole che sono più efficaci delle armi e del fatto che insegnare è «un atto d’amore», il tutto in una forma sintetizzata a regola d’arte per rivivere con nostalgia quei barlumi di Novecento: girocollo, giacche con le toppe sui gomiti, ironia gaberiana.
In questo turbinio di sfruttamento del creator di turno, Edoardo Prati diventa il secchione per eccellenza, non solo per i temi alti che tratta, ma soprattutto per l’accondiscendenza veltroniana da I bambini lo sanno che fa di qualsiasi cosa colta dica un giovane nato durante il secondo mandato di Berlusconi un distillato di stupor mundi per baby boomer, e non solo.
Ma allora questi ragazzi non sono tutti dei Tony Effe con le Nike che distruggono la prima classe di Italo mentre credono di stare a Thoiry! Ma allora c’è ancora speranza, la bellezza salverà il mondo, i libri aprono la mente, le parole feriscono più delle spade, e le bombe atomiche non sono niente in confronto a un bell’Adelphi sul comodino. Io non ho niente contro i secchioni, chiaro, ma è il loro fanclub di adulti che vogliono interloquire solo con chi rispecchia precisamente la loro idea artefatta di giovane, in opposizione a tutti gli altri balordi che rovinano il mondo, che mi spaventa.