Intervista a Carlos Moreno, l'urbanista franco-colombiano che ha teorizzato il concetto di Human Smart City e la necessità di creare quartieri in cui tutto sia a portata di mano.
Come il New York Times raccontò la morte di Dickens 150 anni fa
Charles Dickens morì di infarto il 9 giugno del 1870, esattamente 150 anni fa. Il New York Times ha scavato negli archivi e ha organizzato, in un lungo articolo, una bellissima collezione di ritagli di giornali che rende perfettamente l’idea di come la notizia sconvolse i numerosissimi fan dello scrittore più amato dell’epoca. Proprio come attendevano con ansia le puntate dei suoi romanzi, i lettori si mostrarono fin da subito molto colpiti e bramosi di nuovi dettagli sulla morte dell’autore, avvenuta improvvisamente e senza alcun preavviso a soli 58 anni. Per mesi, il giornale pubblicò storie sulle ultime ore di Dickens, il suo funerale, le sue volontà, l’asta della sua collezione d’arte, persino la vendita immobiliare, dove una serie di vecchi vasi di fiori venne venduta per una ghinea.
Il 12 giugno, un editoriale lo salutava tristemente affermando che «le persone di mezza età non possono che sentire di essere “cresciute”, per così dire, con Charles Dickens. L’apparizione di ogni storia uscita dalla sua penna è legata a un migliaio di ricordi domestici, poiché era eminentemente il romanziere della famiglia». Domenica 13 giugno, i pastori di tutta New York salutarono Dickens dai loro pulpiti. Così venne raccontata la scena della morte: «Quando il signor Dickens si è seduto a cena mercoledì, sua cognata, la signorina Hogarth, ha osservato che la sua faccia aveva un aspetto insolito, si è allarmata e gli ha chiesto se si sentisse male. Il signor Dickens ha risposto: “No, no, no; Ho il mal di denti e presto starò meglio”. Poi ha chiesto che le finestre venissero chiuse; e quasi immediatamente è caduto in uno stato di incoscienza e non si è più risvegliato». Come lui stesso avrebbe desiderato, durante la cerimonia nell’Abbazia di Westminster non c’erano “mantelli, fasce, sciarpe o piume”: nessuno indossò quegli eccentrici orpelli da funerale che il romanziere aveva sempre trovato molto fastidiosi. L’organo suonava “basso e sommesso”, mentre il corpo di Dickens riposava all’interno di in una “bara semplice, di legno di quercia”. Ancora oggi riposa nell’angolo dei poeti, vicino ai colleghi Shakespeare, Dryden e Chaucer.