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La locandina di Eddington, il nuovo film di Ari Aster, è un’opera d’arte, letteralmente Il regista presenterà il film in anteprima mondiale al prossimo Festival di Cannes, in programma dal 13 al 24 maggio.

Saviano, De Magistris e “fare i soldi”

La violenza o il turismo? Il sindaco e lo scrittore? Eccezionalità o normalità? I vizi delle opinioni diffuse tra i napoletani lette o ascoltate in questi giorni.

10 Gennaio 2017

Napoli è il posto in cui in pieno giorno (di festa) e in pieno centro una bambina di dieci anni viene raggiunta da un proiettile vagante durante un raid compiuto con finalità terroristiche contro i venditori ambulanti senegalesi e infatti ne vengono colpiti tre e non muore nessuno per miracolo, ma il sindaco invece di parlare di criminalità organizzata, di racket delle estorsioni, di racket della merce pirata, di impunità, di omertà, di un nuovo attacco contro gli immigrati a dieci anni dalla strage di Castelvolturno, si lamenta di un’intervista di Roberto Saviano. E tutti gli vanno (andiamo) dietro per una settimana.

È una vittoria della passione napoletana per le chiacchiere sterili (Repubblica Napoli è l’unica edizione locale del quotidiano che dedica due pagine a commenti e editoriali e ne ha due anche quando il nazionale si limita a una) e soprattutto di De Magistris. Il sindaco che riempie la sua bacheca di foto con i rifugiati, che si vanta dell’accoglienza, che parla di Napoli come capitale del Mediterraneo, temo addirittura credendoci, ha incontrato le vittime della sparatoria il sei gennaio, ma sul suo profilo Facebook la memoria dell’incontro non c’è, campeggia invece ancora l’ultima polemica, datata anche quella sei gennaio, a ricordarci le priorità. Una volta ci si sentiva molto scafati a notare come l’opinione pubblica veniva manipolata, adesso non serve più molta scaltrezza e a notarlo si fa la figura dei cretini, perché avviene tutto alla luce del sole, con la complicità felice del manipolato. D’altra parte i like e le condivisioni parlano chiaro e danno ragione alle chiacchiere, della ragazzina non importa granché a nessuno, degli immigrati pure, come al solito.

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Come hanno colto Attilio Bolzoni e Paolo Macry stavolta l’ambizione di De Magistris non era difendersi da un’accusa, ma colpire Saviano. A cercar bene su Google, si troveranno sicuramente dichiarazioni con cui De Magistris da europarlamentare difendeva Saviano dalle stesse accuse che adesso è lui a muovergli – tra Saviano lucra su Napoli e la Piovra è stata la rovina dell’Italia il passo è breve, forse già sulla stessa mattonella – ma non è tanto la coerenza o l’incoerenza il punto. De Magistris ha scelto con arte di vellicare la pancia peggiore della Campania, quella che da dieci anni risponde a Saviano con la stessa accusa ignobile e fuori tiro: “Ha fatto i soldi”. Un’accusa che prescinde da qualsiasi ragionamento sul merito. “Ha fatto i soldi” per dire “s’è arricchito” è una frase chiave della mentalità di oggi in Campania. Va oltre l’invidia o il “rosicamento”. Aver fatto i soldi giustifica lo status quo, l’inedia e l’incapacità. Chi “ha fatto i soldi” mette in crisi chi non li ha fatti. Chi è ricco di famiglia, per rendita e patrimoni, può avere i soldi. Li possono avere i figli dei professionisti e li avranno quando i genitori li instraderanno sul percorso scelto da loro, ma l’homo novus non è ammesso. Se ce l’ha fatta, c’è qualcosa di losco. Ma soprattutto se ce l’ha fatta vuol dire che non fa più parte della comunità. È cambiato. E infatti per De Magistris le due cose coincidono: Saviano non vive a Napoli, ce l’ha fatta, s’è arricchito cioè, semplicisticamente, ha avuto successo e se ne è andato. (Tra le righe il sindaco sottintende pure che Saviano sia andato via senza essere costretto).

Altrove Saviano dovrà scontrarsi con critiche di ogni tipo, ma in Campania la prima resterà sempre quella. Ricordo bene quando l’unica volta che, in trent’anni di carriera, un musicista jazz napoletano conquistò la prima pagina del Corriere della Sera, anni fa, non fu per un merito artistico quanto per aver dato voce a quest’accusa in pubblico. (Poi lo sappiamo, è un Paese dove perfino i rapper devono fare voto di povertà e darsi un tono castigato invece di imitare Kanye West). C’è una parte della Campania che ha tatuato sul corpo «gli italiani perdonano tutto tranne il successo» (Enzo Ferrari). Soprattutto il successo per qualcosa che non riescono a misurare come il lavoro intellettuale. Li indigna molto più di decine di ristoranti e pizzerie aperte coi soldi sporchi della camorra. Ordinano la pizza e, nell’attesa, parlano di Saviano, uno degli argomenti preferiti, di quanti soldi ha fatto, “sulle loro spalle”.

Mentre scrivo ci sono state a Napoli altre due sparatorie in strada, a Pianura e a Secondigliano. Ma passeranno nel dimenticatoio molto rapidamente perché per molti la violenza e la criminalità a Napoli, quando non uccidono, sono tollerabili. Sono uguali a quelle delle altre città. Non colgono quanto sarebbe surreale la frase: “Nel centro di Roma la criminalità organizzata fa una stesa per dare una lezione agli immigrati, una ragazzina ci finisce in mezzo per caso e il sindaco se la prende con Albinati”. (Abbiamo  anche coniato una parola, “la stesa”, e chissà perché altrove non ne hanno avuto il bisogno). Ma la violenza è una presenza conosciuta e riconoscibile. Ci si fa persino belli a parlarne e a condividerne particolari. La sopraffazione è tollerabile, come vivessimo in una puntata di Narcos, perché aggiunge quel tocco di esotismo che rende la città appetibile per i turisti. Quelli tanto cari alla nuova, ennesima, rinascita di questi anni.

Nelle immagini: un ritratto del sindaco De Magistris e la Madonna con la pistola di Banksy (Getty Images).
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