C’è anche l’italiano Vincenzo Latronico con Le perfezioni.
“Alone”, una nuova canzone dei Cure dopo 16 anni

«Una ballata sinfonica, con percussioni pesanti e una tremolante chitarra elettrica, in cui Robert Smith canta: “This is the end of every song that we sing / the fire burned out to ash, the stars grow dim with tears”», così Ben Beaumont-Thomas, il critico musicale del Guardian, racconta “Alone”, la nuova canzone dei Cure, uscita oggi, 16 anni dopo l’ultima (“4:13 Dream”, del 2008). È il primo singolo estratto dal nuovo disco Songs of a Lost World, che uscirà l’1 novembre, dopo anni di indiscrezioni e anticipazioni.
Nelle ultime due settimane Songs of a Lost World è stato ufficialmente confermato attraverso delle cartoline e dei puzzle inviati a fan dei Cure in tutto il mondo. Si trattava dell’inizio della campagna promozionale del disco, proseguita poi con l’installazione di un criptico poster all’ingresso di un pub di Crawley, città natale della band. Poster simili sono poi comparsi in diverse città del mondo, tra le quali anche Roma, a confermare – con una serie di numeri romani – che l’album sarebbe uscito l’1 novembre.
Video of #SOALW Advert in Rome in Via Balduina. THANKS to Federico Francesco Falco!!! @thecure @RobertSmith @CraigatCoF @curefandoc @curefans @CureGig @CurenewsA @hispacure @thecurebrasil @TheCureForever_ @TheCureMexico @thecurepl pic.twitter.com/I4gnwSiNpz
— OUT OF THIS WORLD – THE CURE ITALIA (@out_cure) September 17, 2024
Come si capisce chiaramente dai pochi versi di “Alone” riportati prima, Songs of a Lost World sta, per descriverlo con le parole dello stesso Robert Smith, «nella parte più scura dello spettro cromatico». Il cantante ha raccontato che nello scrivere – e riscrivere: è almeno da dieci anni che racconta di essere a lavoro sui pezzi di questo disco – le nuove canzoni non ha potuto evitare di notare quanto tre eventi traumatici degli ultimi anni lo avessero cambiato: la morte della madre, del padre e del fratello. Ma Smith ha anche detto di essersi sforzato di non trasformare il disco in un’omelia funebre per sé, per la sua famiglia e per la sua band. «Ho cercato di comporre un paesaggio sonoro. Volevo che la musica ricordasse una grande tavolozza, una gigantesca ondata sonora».