L'economia dell'attenzione non lascia scampo: Demna da Gucci è la notizia della settimana, arrendetevi, è inutile che proviate a cercare altro nei vostri feed.
Una corrente oceanica fondamentale per la regolazione del clima rischia di sparire
Luglio 2023 è ufficialmente il mese più caldo mai registrato da quando l’umanità ha iniziato a registrare le temperature dei mesi. Il segretario dell’Onu ha appena annunciato la fine dell’epoca del riscaldamento globale e l’inizio di quella «dell’ebollizione planetaria». Abbiamo cominciato questa settimana con i nubifragi che hanno sconquassato le strade di Milano e gli incendi che hanno carbonizzato grossi pezzi di Sicilia. Per chiudere la settimana con la dovuta coerenza, scopriamo adesso una ricerca secondo la quale una corrente dell’Oceano Atlantico fondamentale per la regolazione del clima si è fatta talmente debole che rischia di sparire nei prossimi anni. Nella peggiore delle ipotesi, sostiene la ricerca, riportata da Sarah Kaplan sul Washington Post, questa corrente potrebbe “spegnersi” entro la metà del secolo.
L’Atlantic Meridional Overturning Circulation (Amoc) è considerata da esperti e studiosi uno degli indicatori della salute climatica del pianeta. Più che una corrente, è un complesso sistema di correnti il cui “compito” è portare l’acqua calda dei mari tropicali verso l’Atlantico e quella fredda dell’Atlantico verso i mari tropicali, mantenendo un delicatissimo e fragilissimo ecosistema. Un ecosistema che il riscaldamento globale rischia di danneggiare in maniera irreversibile. L’aumento delle temperature sta causando lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico: l’acqua fredda, risultato dello scioglimento, arriva poi nell’Atlantico, modificandone l’equilibrio. Il risultato: il progressivo e fin qui inarrestabile indebolimento dell’Amoc, dimostrato da un gruppo di scienziati che hanno raccolto dati – i più vecchi risalgono al 1870 – sulla crescente temperatura delle superficie del mare in alcune delle zone interessate dalla corrente. Lo studio è stato pubblicato martedì sulla rivista Nature Communications, e contraddice apertamente uno studio dell’Ipcc – Intergovernmental Panel on Climate Change – secondo il quale potevamo essere moderatamente certi che la corrente non sarebbe del tutto sparita. Non a breve, almeno.
La ricerca è stata criticata da una parte della comunità scientifica perché si concentra su una parte troppo piccola dell’Oceano Atlantico, una parte insufficiente a trarre conclusioni relative alla corrente intera e al futuro di quell’ecosistema. Ma anche i critici sono costretti ad ammettere che l’indebolimento dell’Amoc è ormai un fatto ampiamente dimostrato e accettato. Ci possono essere disaccordi sul quando, se continuiamo di questo passo, la corrente sparirà. Non sul se. Per concludere la settimana con la dovuta coerenza, come già detto, è utile ricordare che la scomparsa dell’Amoc era la premessa di un film apocalittico di qualche anno fa e discreto successo: The Day After Tomorrow, adattamento del libro del 1999 The Coming Global Superstorm. Non si può dire non fossimo stati avvisati per tempo. Ma ci sono buone notizie, possiamo chiudere con un punta di ottimismo: se davvero l’Amoc dovesse spegnersi, le conseguenze non sarebbero catastrofiche come quelle raccontate in The Day After Tomorrow, dove l’evento causava l’inizio di una nuova era glaciale. Noi, nella vita vera, nel mondo reale, possiamo stare tranquilli e aspettarci solo un moderato stravolgimento del clima terrestre.