Il piacere di comprare vino online

Il bello di scappare da supermercati ed enoteche per affidarsi a un universo da scoprire a poco a poco, tra entusiasmo e curiosità geografiche.

18 Ottobre 2019

La maturità si acquisisce lentamente e a costo di fatica e di errori, o almeno così mi è sempre sembrato, ma mi è anche sembrato di trovare, talvolta, piccoli gradini netti e improvvisi da scalare, conquiste nette e definitive. Vestirsi “da grande” con naturalezza e senza imbarazzi adolescenziali. Pagare una multa subito, senza nascondere la busta lontano dagli occhi e dal cuore, anche. Accorgersi che mangiare e bere bene spendendo un po’ è tutto sommato meglio, soprattutto. Qualcosa legato alla pulizia domestica e all’ordine, anche, sicuramente. Di questi piccoli gradini, uno dei più importanti è per alcuni la decisione di farsi una propria piccola cantina di vino in casa. Non nel senso di produrlo, anche se volendo e disponendo di uno spazio nemmeno troppo grande si potrebbe fare con facilità, ma in quello, più comodo, di raccogliere in dispensa un certo numero di bottiglie di diverse varietà e uvaggi, così da non dover recarsi al supermercato ogni sera prima di cena.

A fare un passo indietro, parlando di vino, ci sarebbe da superare anche il gradino del supermercato: abbandonare gli scaffali di Esselunga o Carrefour è un percorso che conclude idealmente quello che si inizia quando, in un imprecisato momento intorno ai vent’anni, si apprende – di solito senza insegnamenti esterni – che esiste un intero mondo sopra i tre euro, e che il momento è giusto per esplorarlo. Parliamo, quindi, di creare una cantina che non si basi sui supermercati, sugli Est! Est!! Est!!!, gli Aragosta o la finta ricercatezza dei Feudi Di San Gregorio. In enoteca, dunque. Quelle con mescita, che chiamiamo wine bar, o quelle senza, più classiche e ingessate, spesso brutte da vedere e con i commessi ostili ormai in là con gli anni. Oppure, ed è uno dei settori più in crescita in Italia perché era tra quelli rimasti più indietro negli ultimi anni, online: rispetto al mercato dei viaggi, a quello dei libri, a quello della moda, i vini sono estremamente conservatori. Il consumatore medio è maturo, non si fida delle transazioni online, e poi le bottiglie magari si rompono, a trasportarle. In più, mancava un player in grado di fare quello che Amazon ha fatto con i libri, insomma, il vino era una cosa vecchia e con un mercato per persone vecchie, almeno prima che una specie di nuova onda iniziasse a spazzare le coste da queste parti, da qualche anno a questa parte.

Il panorama italiano delle enoteche online, per chiamarle con questo nome che continua a sembrarmi imbranato, è però ancora molto legato a un internet da primi anni duemila. Hanno nomi tipo Callmewine o Xtrawine, Soundtaste o Vinitaly Wine Club, in inglese e che ricordano i programmi per scaricare musica illegalmente del 2005, hanno grafiche spoglie, sembrano talvolta siti per incontri di persone di mezza età. C’è un’eccezione, e vorrei dire che questo articolo è sponsorizzato dall’eccezione, ma purtroppo non lo è: Tannico, fondato nel 2012, più di un milione di bottiglie vendute nel mondo, 14,9 milioni di euro di fatturato, ricavi in crescita del 40%, e tutti questi ottimi titoli per giornali e comunicati stampa. Soprattutto, dal punto di vista di un utilizzatore, è bello, è facile, mi consiglia le bottiglie che mi piacciono e mi manda una newsletter che ogni volta non riesco a non aprire, ha un bel copywriting e parla una lingua diversa rispetto a quella, tradizionalmente, associata al vino.

Foto Afp/Lionel Bonaventure

Che a lungo è stata percepita come ampollosa e vecchia, presuntuosa, barocca, eppure è un’abitudine nuova, dei tardi anni Novanta, e piuttosto scema. Più il vino è di valore, più scemenze gli vengono accostate, come in una parodia di un pezzo di Battiato: miele di eucalipto di Okkaido, sigarette egiziane di contrabbando, fiori d’arancio appassiti tra i muschi. In molti, a partire dagli Stati Uniti, stanno muovendosi per asciugare questi eccessi. Matt Kramer, per fare un esempio, è un editorialista dello Wine Spectator e autore di un manifesto chiamato True Taste in cui sostiene che soltanto 6 parole siano necessarie per parlare di una bottiglia. Le schede di Tannico sono semplici, alle note di degustazione sono dedicate poche righe precise, e molto spazio è riservato alla cantina, alla sua storia, al territorio e al metodo di lavorazione. Succede così che uno si interessa sì al sentore di mele renette, ma inizia ad associare il vitigno al luogo geografico, a navigare tra monti e vallate su alpi e appennini, a capire cosa significa, al palato, un certo tipo di affinamento, a valutare il piacere della macerazione, a godersi il lusso di un’anfora.

Il mondo del vino online è ricco di produttori medi e piccoli e, soprattutto, in grado di raccontarsi bene. Anche attraverso le etichette, i nomi, un marketing semplice ma fatto spesso nel migliore dei modi. Al consumatore – come a me, da oltre un anno – si apre un mondo nuovo: per una volta possiamo ringraziare le macchine e la fredda automazione per toglierci l’ansia di inservienti saccenti e incalzanti, scaffalature mute che incombono senza spiegazioni, i rischi di acquisti affrettati e troppo costosi. E così, felicemente, riempio le mie casse a domicilio svuotando il conto in banca, con un affascinante rosso di Salina della cantina Hauner grazie a cui posso pensare al mare delle Eolie anche a novembre e in città, con il triste tramonto pomeridiano; con un cerasuolo fermentato in anfora in Abruzzo; faccio tuffi in Alsazia attratto dalle bottiglie con il collo da Modigliani e imparo ad amare il vituperato Sylvaner; scopro piccole cantine sulle Colline del Milanese, altra zona disprezzata e invece capace produrre un bianco che sa ricordarmi, frizzante e acido, i racconti contadini dell’infanzia.

Svuotata da libri poi ricollocati in altri posti, una parte di libreria si trasforma in una dispensa di etichette di bianchi e rossi e rosati e arancioni, frizzanti e non, bottiglie di altezze e opacità varie, bordolesi, alsaziane e albesi. Come i libri che hanno sostituito, mi abituo a non berne una dall’inizio alla fine, ma stappo, verso e poi interrompo, mi stanco di uno per aprirne un altro, e allora il giorno dopo devo invitare qualcuno ad assaggiare qualcosa per non far sciupare i fondi già aperti. È un arredo vivo, che si rinnova con la sete, e in un certo senso si usa in modo simile a quello che ha sostituito: etichette, geografia e storie, sempre quella cosa lì.

Leggi anche ↓
Il mercato del vino non andava così male dal 1961

Il 2024 è stato un anno pessimo e il 2025, a causa dei dazi, si preannuncia persino peggiore.

di Studio
Dieci account di design che dovreste seguire, secondo noi

Su Instagram si può ancora fare un po' di ricerca di cose utili, e quindi ecco qui una lista di profili in cui trovare ispirazione e belle cose da comprare, utili anche per orientarsi alla Design Week.

di Studio
Venti cose davvero interessanti da fare e vedere alla Milano Design Week 2025

Scelte dalla redazione di Rivista Studio tra le moltissime di questo soleggiato Fuorisalone.

Hanno inventato una sigaretta elettronica con attaccato un Tamagotchi che muore se non fumi abbastanza

Nome provvisorio: Vape-a-gotchi.

Elogio dei camerieri

È un mestiere che cambia le abitudini, le giornate, il corpo. Può essere una delle peggiori forme di sfruttamento. Ma fatto nelle giuste condizioni, è un lavoro di cura che sa rivelarsi appagante.

In quest’epoca di caos, c’è chi trova rifugio nel beige

Arredare e vestirsi nei toni del crema e del nocciola chiaro potrebbe sembrare soltanto un trend ma in realtà rispecchia l'intenzione di chiudersi in un'esistenza-bolla che rifiuta il caos.