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Come le aziende tech stanno cambiando i quartieri gay di San Francisco

03 Febbraio 2016

«Non sono eterofobico, ma se vado in un gay bar e offro un drink a un ragazzo, non voglio sentirmi rispondere che è etero. Noi non possiamo andare ovunque, loro sì», sono parole di Cleve Jones, attivista gay di vecchia data e abitante del quartiere Castro, riportate in un interessante pezzo uscito sul Guardian che racconta la trasformazione della San Francisco gay causata dal boom immobiliare generato dai giovani professionisti impiegati nelle aziende tech della zona. In un recente censimento è stato rilevato che mentre il 77% delle persone che vivono a Castro da dieci o più anni sono omosessuali, lo è solo il 55% di quelli che vi si sono trasferiti nell’ultimo anno. Intanto molti locali storici di Castro stanno chiudendo, come The Gangway, il più vecchio gay bar della città. San Francisco resta la città americana con la più alta percentuale di popolazione LGBT (6,2% con al secondo posto Portland), ma la comunità gay sta cambiando, le sue istituzioni stanno sparendo, i luoghi di ritrovo stanno perdendo la loro identità. Questo perché da un lato i giovani gay tendono a frequentare anche locali mainstream e non necessariamente “riservati”, mentre dall’altro gli storici locali di Castro o del Tenderloin sono stati presi d’assalto anche da frequentatori etero. Steve Huang, un agente immobiliare che lavora nella zona di Castro, dice che i gay che si trasferiscono in città non richiedono più di vivere in un quartiere specifico, ma hanno come priorità essere vicini al lavoro o al Bay Area Rapid Transit.

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Foto di Justin Sullivan (Getty Images); in testata: Gabriel Bouys (AFP/Getty Images).
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