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Come il critico del New York Times decide cosa leggere

29 Giugno 2017

Pamela Paul del New York Times è una delle figure più influenti nel mondo letterario americano: è responsabile della sezione libri del quotidiano newyorchese, inoltre è editor della New York Times Book Review, il supplemento settimanale dedicato alle recensioni e al settore dell’editoria. Insomma, quello che  legge, e come deciderlo di leggerlo, ha una rilevanza non da poco. Paul ha pubblicato di recente un memoir intitolato My Life With Bob, dove “Bob” è il soprannome dato alla pila dei libri da leggere, e per promuoverlo ha rilasciato un’intervista a Vox in cui discute proprio di come sceglie i libri da leggere.

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Uno dei temi affrontati, insomma, è una questione che risulterà molto familiare e a chi lavora nella cultura: visto che il tempo è limitato, a che cosa dare la priorità? Leggere i libri che uno ha voglia di leggere, o leggere i libri di cui si sta parlando? (Alcuni la metterebbero giù più dura: leggere quello che mi va, o leggere quello che dovrei leggere?). Nell’intervista, Paul ammette molto candidamente di preferire la prima strada, almeno nella sfera privata: «Il mio modo personale di affrontare lo Zeitgeist è disinteressarmi dello Zeitgeist. Da un lato, affrontarlo ti offre una prospettiva profonda e ad ampio respiro sul momento , che sia politico, economico oppure ambientale. D’altro canto, puoi semplicemente scegliere di stare dentro a un libro, ed è l’unico modo di lasciare la realtà, se escludiamo un costoso viaggio in un’isola remota. Dunque, personalmente, in questo momento nei libri cerco puro escapismo. Sto leggendo un memoir del 1945 intitolato The Egg and I di Betty MacDonald».

Contemporaneamente, però, Paul ammette che, in quanto book editor del Nyt, ha delle responsabilità che le impongono di avere il polso dello spirito dei tempi: «Un romanzo recente che parla di argomento che è di rilevanza globale è Exit West di Mohsin Hamid, che parla di rifugiati. Ovviamente, è un tema in ogni Paese, e penso che le sue parole siano davvero belle, in quel libro.  Le persone stanno riscoprendo in massa anche libri vecchi che parlano di totalitarismo, fascismo e oppressione, specie negli Usa. 1984, per esempio, Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt e Brave New World di Aldous Huxley: sono questi i libri per cui ho notato un’attenzione».

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