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Ciao Vasco, ciao

30 Giugno 2011

Lo scorso 26 giugno Vasco Rossi ha annunciato il suo ritiro delle scene. Il problema, dice, è la vecchiaia. Non può, continua, fare il rocker a 60 anni. Ma vale la pena crederci? Il concetto di andare in pensione nel rock è piuttosto liquido; i Rolling Stones, gli Who e tanti altri grandi gruppi che hanno fatto la storia del genere sono decenni che annunciano il proprio ritiro dalle scene — quasi sempre in coincidenza con “l’ultimo tour” — eppure questo non impedisce a Keith Richards di cadere dagli alberi ogni anno.

Questa è però la prima volta che ciò accade per un cantante italiano, l’unico che giornalisti non-musicali e la televisione in generale sono in grado di identificare come rock. Ho sempre immaginato che il target di Vasco Rossi fossero i 35enni coi capelli retrocessi con 8 giornate d’anticipo che indossano la bandana nei mesi estivi e che hanno studiato un piano per diventare ricchi attraverso l’apertura di negozi Wind in franchising. Ma ho fatto i miei calcoli dopo l’annuncio del ritiro, e non tornano per intero. Il video per l’ultimo singolo del cantante di Zocca su YouTube registra 9 milioni di visualizzazioni. Per i suoi ultimi concerti è stato necessario concedere l’intero stadio di San Siro per cinque serate, tutte sold-out. Queste sono cifre da popstar internazionale, ma Vasco Rossi non esiste all’estero.

La spiegazione di questo plebiscito nazionale va ricercata nell’essenza stessa dell’autore di “Alba Chiara”. Spesso la musica significa molto per poche persone, quella di Vasco Rossi non ha alcun sapore, per milioni. Nei suoi pezzi non si trovano messaggi politici, campagne sociali, opinioni controcorrenti, è una specie di hamburger ISO 9000 che può essere reso appetibile tramite la giusta presentazione, e il giusto aroma, a milioni di persone diverse. Per questo personaggi come Matteo Salvini, quello che voleva dividere la metro a Milano in scompartimenti per negri, non hanno problemi a dichiararsi suoi grandi fan e presenziare ai suoi concerti. Per questo può, allo stesso tempo, essere utilizzato come colonna sonora da Milena Gabanelli per il suo Report. Per loro Vasco Rossi serve ad ammantarsi di trasgressione, quella da impiegato di banca che il sabato mattina cavalca la sua Harley Davidson da 40.000 €. È un brand, non un artista. E come tale viene concesso in licenza di utilizzo a chiunque, senza discrezione.

C’è qualcuno che da anni cerca di convincermi che c’è stato un periodo nella carriera di Vasco Rossi che merita rispetto e attenzione. I primi album, dicono, come sempre. Diceva cose nuove, mi assicurano. Mi è sempre suonato un po’ come se qualcuno mi dicesse “Ti ricordi quanto era più facile scrivere su Windows 95 rispetto alla penna?” Sì, eccetto tutte quelle volte in cui apparivano le schermate blu e quelle scritte bianche senza senso — e tutto ciò che avevi scritto scompariva per sempre. Come se non fosse mai esistito.

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