Se tutto andrà secondo i piani, DolphinGemma ci aiuterà finalmente a capire cosa dicono e a comunicare con loro.
C’è una canzone che simula la sensazione di cadere in un buco nero
Era da diversi anni che la Nasa provava a collaborare con dei musicisti per permettere ai non vedenti di vivere le sensazioni che si provano nello spazio attraverso l’udito, ma senza successo. Fino a quest’anno, quando la compositrice Sophie Kastner ha collaborato con un’orchestra canadese per ricreare la sensazione di viaggiare verso il centro della galassia e sprofondare in un buco nero. Kastner ha strutturato l’inizio del pezzo in modo che l’ascoltatore senta una sensazione di vastità e stupore, che rappresenta il viaggio spaziale. Più l’astronauta immaginario si avvicina al buco nero, più il ritmo veicola timore e smarrimento. In un’intervista concessa al Washington Post Kastner ha concluso che la differenza tra scienziati e artisti non è così grande come si crede: alla fine entrambe le categorie provano a trovare il senso all’universo in cui vivono.
Nemmeno gli esperti sono in grado di associare rumori specifici ai buchi neri perché “nello spazio nessuno può sentirti urlare”, come recitava la locandina di Alien. Il lavoro che fino a oggi si era avvicinato di più era stato quello di Kimberly Arcand, una visualization scientist del Chandra X-Ray Observatory della Nasa, e aveva permesso, tramite un software, di “tradurre” immagine ottenute con telescopi spaziali in primi suoni essenziali. Nello stesso anno era uscita la prima interpretazione musicale di Arcand della Via Lattea, che Kastner ha poi trasformato in un vero e proprio brano.
Alla sua ultima composizione, quella sui buchi neri, Kastner ha voluto dare un tocco più personale e quindi, pur mantenendo come base una “riproduzione” del suono dei buchi neri realizzata dalla Nasa, ha poi scritto il brano quasi da zero. Anche le fotografie hanno avuto un ruolo essenziale, Kastner ha abbinato bagliori e altri elementi luminosi con suoni acuti e, viceversa, quelli più profondi con il buio. Poi si è trattato di scegliere gli strumenti, il titolo – “Where Parallel Lines Converge”, una citazione dalla poesia “Relativity” di Sarah Howe – e l’orchestra. Il risultato, un po’ avant-garde, ha soddisfatto Kastner, che ha definito l’ascolto «la miglior sensazione di sempre».