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Buon compleanno Angelina

Ritratto dell’attrice più figa e famosa con il maggior numero di film di merda nel curriculum, in occasione del suo quarantesimo compleanno.

04 Giugno 2015

La più figa che c’è al mondo fa spallucce. Quelle spallucce tutte ossa nonostante si siano caricate addosso qualunque cosa – l’infanzia dorata, l’adolescenza drogata, e tutto quello che sarebbe venuto poi, ma quello lo sapete. Angelina Jolie Voight nasce da una dinastia hollywoodiana, padre Jon con un Oscar sulla libreria (peraltro per il ruolo di un reduce del Vietnam), madre Marcheline modella francese prematuramente morta, ma vissuta abbastanza a lungo da farle sapere che c’è un mondo oltre Beverly Hills. È erede di quel genere di aristocrazia del cinema che chiama tormento, come la coscritta Drew Barrymore. Solo che quest’ultima si sfasciava a undici anni di rum e cocaina (zàn zàn) e si redime oggi con le commedie romantiche, Angelina ha avuto la scaltrezza di non strafare mai davvero, di restare una maledetta sì, ma di buona famiglia, una di quelle che in una serie italiana sarebbero interpretate da Tea Falco.

Non strafà, e infatti a venticinque anni vince un Oscar pure lei (nel frattempo smette di parlare col papà, ma succede a tutte le maledette di buona famiglia). Ragazze interrotte era un filmetto, lei però era in parte: sopra le righe, ma in parte. Ancora si ricorda la faccia di Winona Ryder, protagonista e produttrice di quel film arrivato un attimo prima dello sfascio di una fulgida carriera: non aveva avuto neanche una mezza nomination, e dalla platea dello Shrine Auditorium guardava Jolie (vestita come Elvira la strega e ancora sufficientemente maledetta da portarsi come +1 il fratello-sosia e stampargli un bacio in bocca) ritirare l’ambita statuetta. Winona l’aveva capito solo in quel preciso momento: l’Academy è l’industria che premia se stessa, e cosa c’è di meglio di una “figlia di” da far schizzare nell’olimpo delle stelle per rottamare la generazione precedente e farne una nuova?

Angelina, poi, era di suo anche la più figa al mondo, se n’erano accorti tutti già da Gia, biopic Hbo su una modella sessodrogaecceteraeccetera, praticamente un’autobiografia (le valse un Golden Globe); e dal suo primo film rilevante, Playing by Heart (in italiano Scherzi del cuore): riusciva a essere stratosfericamente gnocca pure con le guanciotte da post-adolescente e i capelli corti fucsia come in un video degli Aqua. Diceva Ryan Phillippe in una scena: «Cosa ho fatto per meritarmi una come te?». Rispondeva lei: «Nella mia vita questa frase me la sono sentita gridare sempre da qualcuno che se ne andava sbattendo la porta, non da qualcuno che restava in piedi davanti a me guardandomi negli occhi. Mi pare che le cose stiano migliorando». Stava per andare esattamente così.

Angelina Jolie arrives at the National Board of Review Awards

Dunque, finora abbiamo: più figa al mondo; alta società con magione di famiglia vista Studios; un premio Oscar al posto della laurea in Scienze della comunicazione. Una meno figa si sarebbe buttata nel cinema indie (vedi Gwyneth Paltrow), lei invece decide di fare Lara Croft, che sulla carta (e non solo) sembrava uno spot della Omnitel con Megan Gale. È da quel momento che si stabilisce un assioma inconfutabile negli anni a venire: Jolie è l’attrice più figa e famosa (e potenzialmente più dotata) con il maggior numero di film di merda nel curriculum.

Il passaggio è però cruciale. Angelina scopre il mondo. Lei, che al massimo era andata a surfare a San Diego, vede la Cambogia (Tomb Raider è girato pure ad Angkor Wat), perde la testa. La piccola Voight si trova davanti agli occhi ciò da cui era sempre stata tenuta alla larga: la povertà. Si mette a girare per orfanotrofi, incontra Maddox, primo figlio di una lunga serie di adottivi di lusso, oggi patron di una fondazione che porta il suo nome e aiuta figli del terzo mondo meno fortunati di lui. Billy Bob Thornton – il secondo marito dopo Jonny Lee Miller – stava già per diventare un lontano ricordo. Era quello dei ciondoli col sangue, per la fine della loro storia ci sarebbe rimasto sotto di brutto: come biasimarlo, sua moglie era la più figa al mondo. Tra Lara Croft e il secondo passaggio cruciale della vita di Angelina, ci sono alcuni dei film più brutti mai prodotti: Original Sin (2001), Life or Something Like It (Una vita quasi perfetta, 2002), il secondo Tomb Raider (2003), Beyond Borders (Amore senza confini, 2003), Taking Lives (Identità violate, 2004), Sky Captain and the World of Tomorrow (2004).

Poi arriva il 2005, e un altro film bruttissimo che però, per ovvi motivi, diventa un capolavoro: Mr. & Mrs. Smith, co-protagonista Brad Pitt. Il resto lo sapete. Dopo Billy Bob, l’altra che ci resta sotto è Jennifer Aniston. Angelina è la sfasciafamiglie, la troia, l’ex lesbica (gugolate: Jenny Shimizu), la pazza. Ma è anche la più figa che c’è al mondo, quindi – sottotesto che lei stessa lascia intendere di copertina in copertina – statece tutti.

Il resto lo sapete, si diceva. Oltre a Maddox, la scoperta della povertà aveva fatto conoscere a Jolie l’impegno umanitario. L’Etiopia le aveva dato un’altra figlia fighissima: Zahara. Poi, con Brad “il più figo al mondo” Pitt, conosciuto sul set sentimentalmente più rilevante dai tempi di Cleopatra, perché non dare una chance alla biologia? E difatti la loro Shiloh Nouvel, nata in Namibia per fare un’altra volta contenti quelli della Lonely Planet, è la creatura più meravigliosa mai generata da esseri umani. Angelina – quella del sangue, dei tatuaggi, degli incesti – diventa Madre Natura, lei e Brad con neonata bionda in mezzo al deserto sono gli Adamo ed Eva del mondo che sta evolvendo verso il pettegolezzo social, i tweet, i like. Tutta roba che lei non conosce, o finge di non sapere: Jolie è la persona che riesce ad animare più campagne di sensibilizzazione su scala planetaria (dai profughi ai tumori al seno) senza l’aiuto di uno straccio di account ufficiale.

Arrivano altri figli (un terzo adottivo, Pax Thien, e due gemellini biologici ma meno fighi di Shiloh, Vivienne e Knox), altri viaggi nel terzo mondo, altri brutti film. Anche un altro Oscar: due anni fa una Gena Rowlands evidentemente under the influence (l’ex signora Cassavetes è amica di famiglia, non si è mica le più fighe al mondo per caso) le assegna davanti alla platea di ottuagenari dell’Academy il secondo Oscar, stavolta all’impegno umanitario. Come a dire: vai benissimo così, anche con soli film di merda in curriculum.

Oggi Angelina conta una quantità di seconde vite da far impallidire una Carla Bruni qualsiasi. Ha detto che la politica è una tentazione: ma non come Première Dame o simili, probabilmente diventerà Presidente degli Stati Uniti e la sua faccia finirà sui dollari come quella di Maria Montessori sulle mille lire. Dame, nel frattempo, lo è diventata per la Regina Elisabetta: nobile lo era già, bastava un sigillo ufficiale da icona a icona in tailleur color pastello.

In ordine sparso, ci sono stati negli ultimi dieci anni un film con Clint Eastwood («È difficile da dirigere: è troppo figa», ebbe a dire – più o meno – lui), incalcolabili discorsi alle Nazioni Uniti con giacche punitive di rappresentanza, i tanti «è anoressica» lasciati sempre senza replica, vari colloqui con ministri degli Esteri brizzolati del G8, una visita a Lampedusa featuring Claudio Baglioni, un abito da sposa con gli scarabocchi dei figli stampati sopra, una doppia mastectomia e un’ovariectomia che l’hanno rolemodellizzata un’altra volta ancora, una Malefica da 750 milioni di dollari nel mondo a cui ha dato sembianze da cartoon (parafrasando: «Io non sono figa, è che mi disegnano così»), una gamba esibita agli Oscar e diventata uno dei più grandi meme nella storia del web, una carriera da regista impegnata: il primo film era sulla guerra in Bosnia (In the Land of Blood and Honey, 2011), il secondo sulla seconda guerra mondiale (Unbroken, 2014), il terzo quello che tutti volevano: una storia di coppia in cui dirige se stessa e il marito Brad (By the Sea, uscirà a fine anno). Detto tutto ciò, non conosco altra persona all’infuori di me che ami Angelina in questo modo. Era una roba lunghissima, quando in realtà bastava farla breve: tanti auguri, più figa che c’è al mondo.

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