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In Islanda i turisti americani superano la popolazione islandese

19 Ottobre 2016

L’aurora boreale, i geyser, le escursioni in kayak, le renne: l’Islanda è certamente una meta che sta sperimentando una grande fortuna commerciale, e per dirlo basta guardare ai feed Facebook e Instagram dei nostri contatti. Un articolo di Vox va a fondo nella questione, accostando a questa impressione dati annuali registrati da chi si occupa di analizzare i flussi turistici.

Si scopre che la meta esotica del momento – profilata e consigliata dai media specializzati, da National Geographic alle guide Lonely Planet – nel 1949 attirava appena 5300 turisti, mentre nel 2016 la cifra è balzata a 1,61 milioni di persone (fate voi i conti). L’impennata di turismo è stata registrata a partire dal 2010, quando ancora l’isola accoglieva poco più di 500 mila persone, e il trend era peraltro in declino.

A stock image of the Blue Lagoon leisure

La nazionalità più “rappresentata” è quella americana: secondo i dati dell’ente turistico islandese quest’anno 325 mila statunitensi hanno optato per una vacanza in Islanda; dato che la popolazione del Paese si ferma, secondo il più recente censimento, a 332 mila persone, questo sarà il primo anno nella storia in cui i turisti americani passati per Reykjavík e dintorni risulteranno più numerosi dei cittadini locali.

La febbre islandese, a volerla chiamare così, è iniziata in modo insolito, con l’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull nella primavera del 2010. Com’è noto, l’evento aveva conquistato i titoli dei media mondiali perché le polveri rilasciate dall’eruzione avevano paralizzato il traffico aereo europeo, rendendo impossibile il normale svolgimento dei voli. In quei giorni, l’ente turistico nazionale aveva colto la palla al balzo pubblicando una serie di video promozionali, “Inspired by Iceland“, sui principali social media.

ICELAND-VOLCANO-BARDABUNGA

Eppure, spiega Vox, la golden age del turismo islandese è dovuta anche al potenziamento delle infrastrutture e delle organizzazioni locali, portato avanti in concomitanza con la campagna all’inizio degli anni Dieci del Duemila. Tra gli altri motivi elencati, poi, la sensibile diminuzione dei biglietti aerei per questa destinazione e, infine, ciò che in realtà già sapevamo: «Iceland is the perfect destination for the Instagram generation».

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