Presentato all'ultimo Sundance, ha raccolto recensioni tutte entusiastiche.
Bookforum dice che Crossroads è il miglior libro di Franzen
Non è una di quelle affermazioni che si fanno ogni volta che un grande autore pubblica un nuovo romanzo, infatti Frank Guan, su Bookforum, la celebre rivista letteraria americana, inizia la recensione dell’ultimo libro di Jonathan Franzen smontando quelli prima. All’inizio lo fa in maniera simpatica «Freedom (2010): buono ma non ottimo», «Purity (2015): pessimo». Argomenta che Franzen non piace perché, al pari di Donald Trump o Lena Dunham, rappresenta lo stereotipo della persona bianca nata nel privilegio che sembra predestinata a ricevere attenzione, per non parlare dei suoi «rimproveri irritanti (state lontani da Internet!), l’ossessione per gli uccelli e il suo atteggiamento da maestro. Per tutto questo, scrive il critico Guan, era destinato a essere letto soprattutto da chi lo aveva conosciuto nei suoi anni migliori, e cioè nel 2001 quando uscirono Le correzioni. Ma dopo Crossroads, in uscita il 5 ottobre per Farrar, Straus and GirouxEd, potrebbero iniziare a leggerlo in tanti. .
Ricordiamo che Crossroads, 592 pagine, è il primo romanzo della trilogia intitolata A Key To All Mythologies, che introduce i lettori alla storia della famiglia Hildebrandt della periferia di Chicago, composta dal padre Russ, pastore di una chiesa suburbana che deluso dal matrimonio e dalle sue speranze cristiane; la moglie Marion, che vorrebbe disseppellire un segreto del suo passato; i tre figli, il maggiore Clem, appena tornato dal college, Becky, la sorella di mezzo, ribelle, e il figlio più piccolo Perry, che ha un problema di tossicodipendenza. Il primo volume seguirà la famiglia nell’arco di un anno, il 1971.
Uno dei motivi principali che rendono Crossroads un capolavoro è secondo il critico di Bookforum il modo in cui parla dei giovani. Ci sono sempre stati nei romanzi di Franzen, ma ora occupano un posto speciale, parlano, hanno opinioni, e perfino i genitori vengono sempre raccontati da flashback che li ritraggono nella loro gioventù. Non critica più apertamente le tecnologie come la televisione: «ci ha fatto pace dopo che i suoi libri sono stati scelti dal club del libro di Oprah?», si chiede Guan), anche se, certo, il sesso e la droga rimangono delle forme di tentazione per i membri della famiglia dalle quali Franzen continua a mettere in guardia.
Lo definisce un libro religioso: «gli Hildebtandt non si definiscono solo a partire dalla loro relazione con gli altri, ma specialmente con Dio, che pregano, negano, odiano, pensano loro stessi di esserlo». Finalmente, scrive, «è diventato un artista la cui prima lingua, messa a confronto con la società dell’avidità, non è ideologica ma emotiva, le cui emozioni, infuse nei suoi personaggi, tendono più al dispiacere e alla compassione rispetto alla rabbia e al disprezzo di sé». Così Frank Guan conclude la sua recensione, nominando Crossroads a tutti gli effetti «il migliore romanzo e il più perfetto di Franzen, e quello più promettente: una fonte inesauribile per romanzi futuri, non solo il suo».